Cambridge Analytica è ancora un incubo per Zuckerberg. L’Australia decide di portare Facebook in tribunale

Il caso è scoppiato nel marzo 2018 dopo le inchieste di New York Times, The Observer e The Guardian

Il caso Cambridge Analytica non è finito. Non è stato solo un incidente di percorso e non sono bastati i cambi di strategia sulla privacy o gli incontri con esponenti politici europei e statunitensi per cancellarlo. L’Oiac, l’autorità australiana per la protezione dei dati, ha deciso di portare Facebook in tribunale proprio per questo scandalo, scoppiato nel marzo 2018.


L’accusa che l’Oiac rivolge al social di Mark Zuckerberg, come si legge in una nota stampa, è di aver «commesso gravi e/o ripetute interferenze con la privacy in violazione della legge australiana sulla privacy». La commissaria alla privacy Angelene Falk ha spiegato che nello scandalo potrebbero essere stati coinvolti oltre 300mila cittadini australiani. Nello specifico, per l’Oiac, Facebook ha «lasciato i dati personali dei circa 311mila utenti australiani esposti all’essere venduti e usati per scopi tra cui la profilazione politica, ben oltre le aspettative degli utenti».


Cosa è successo nel caso Cambridge Analytica

Nel marzo 2018, due quotidiani, il New York Times e il The Observer, hanno pubblicato un’inchiesta in cui veniva dimostrato come la società di consulenza Cambridge Analytica avesse utilizzato senza autorizzazione i dati di 50 milioni di utenti iscritti a Facebook. Lo scopo era quello di profilarli e utilizzarli per inviare messaggi personalizzati, e quindi più efficaci, per le campagne politiche.

Il The Guardian ha rincarato l’accusa, spiegando che Facebook era a conoscenza di questa violazione da due anni. Negli ultimi anni Cambridge Analytica ha lavorato a diverse campagne elettorali, da quella di Ted Cruz a quella di Donald Trump, passando anche per il referendum sulla Brexit.

Foto di copertina: Epa, Stephanie Lecocq | Manifestazioni contro Facebook a Bruxelles nel maggio 2018

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