Non sono passate 24 ore dal nostro ultimo articolo dedicato alle discutibili affermazioni di Stefano Montanari. Nel suo video monologo il laureato in farmacia più amato dai No vax, fa una carrellata di diverse tesi pseudoscientifiche sul Covid-19, già ampiamente smentite anche nella nostra rubrica di Fact checking. Si va dall’uso terapeutico delle vitamine alla «pandemia inventata».
L’ultimo post su Facebook è un tentativo di rispondere ai critici esibendo «fonti scientifiche», le quali dimostrerebbero l’efficacia antivirale della vitamina D. Montanari fa riferimento a uno studio apparso nel maggio scorso su Aging Clinical and Experimental Research, nella sezione «Short Communication», intitolato «The role of vitamin D in the prevention of coronavirus disease 2019 infection and mortality».
«Ora iniziano ad uscire studi sulle vittime del virus e viene fuori [la] – continua il farmacista – Correlazione tra la la mortalità per Covid 19 e la carenza di vitamina D. Uno studio scientifico che testimonia la maggior mortalità in caso di bassi livelli di vitamina D, in particolare negli anziani, e invita a nuove ricerche».
Vitamina D e pseudoscienza
Al solito riscontriamo il costume di citare fonti che dal titolo sembrano sostenere i pregiudizi del guru di turno, ma a una attenta analisi, mostrano scarse evidenze. Su un presunto ruolo preventivo della vitamina D si era discusso anche a seguito di un articolo dell’Università di Torino.
Enrico Bucci, Adjunct Professor presso la Temple University di Philadelphia, aveva invece segnalato un problema legato alla facilità con cui certi studi di scarsa qualità riuscissero a passare la peer review, distorcendo persino il contenuto di altri lavori.
Il Professor Bucci nota che persino una ricerca di cui è cofirmatario è stata citata per sostenere un ruolo antivirale della vitamina D, nonostante il contenuto non suggerisse nemmeno questa possibilità. Anche lo studio citato da Montanari rientra nella serie di articoli scientifici che superano la revisione, nonostante forti dubbi riguardo alla correttezza con cui sono stati confezionati. Ed è lo stesso Bucci che «in tempi non sospetti», ne analizzava i grossi problemi, con un post sul suo blog Cattivi Scienziati, intitolato «Vitamina D e pseudoscienza».
Dai nanometalli alle nano-correlazioni
Il punto critico fondamentale di questa ricerca, ricorda parecchio quello degli studi di Montanari e della moglie Antonietta Gatti sui «nanometalli» nei vaccini: si basa su quantità irrilevanti, tanto che nella vita di tutti i giorni dovremmo risultare contaminati da qualsiasi cosa. Un bias, quello della confusione tra la presenza di una sostanza e la sua rilevanza in termini di quantità, che in molti non riescono a scrollarsi di dosso ritrovandosi nella condizione di non osservare in maniera sufficientemente critica lo studio.
Oltre al fatto che una correlazione non esprime necessariamente un collegamento causale, e in quel caso la chiamiamo «spuria», bisogna prima vedere a monte, se questa è effettivamente rilevante. Il parallelo coi nanometalli continua a essere molto forte. Analogamente Bucci analizza lo studio, estrae i dati, e scopre che si potrebbe affermare anche che la vitamina D incrementa la diffusione del Covid-19:
«Una volta riestratti i dati dal lavoro – continua il Professore – se uno ripete la procedura degli autori, ottiene naturalmente la stessa debole correlazione inversa, che sosterrebbe con pari debolezza come meno vitamina D equivalga a maggiori rischi nell’epidemia di COVID-19; ma la cosa divertente è che se si prova ad invertire la correlazione, cioè a sostenere che invece la vitamina D sia dannosa – e dunque che all’aumentare del livello di vitamina D, si abbiano più danni da COVID-19 – il coefficiente di correlazione che si ottiene tracciando la miglior retta che passa per l’origine degli assi è statisticamente indistinguibile da quello riportato per la correlazione inversa trovata dagli autori».
Un curioso parallelo con le narrazioni No vax
In conclusione, possiamo fare anche un parallelo con le narrazioni No vax, visto che Montanari tira fuori dal cilindro studi, che apparentemente appagano i suoi pregiudizi, senza un’analisi critica del loro contenuto, ignorando il resto della letteratura scientifica, che di fatto non trova conferme sulle proprietà antivirali della vitamina D.
Così, anche i movimenti anti-vaccino non fanno altro che proporre elenchi di studi – apparentemente a caso – ignorando tutto il resto, come abbiamo mostrato in diversi articoli. Anche loro con l’esplosione della pandemia applicano i propri bias alla nuova emergenza, riciclando vecchie narrazioni, nonostante siano state puntualmente già smentite da tempo.
Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English).
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