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Una lettera d’amore al giorno dal carcere, nascosta nelle camicie. La storia inedita da Trieste di Daniele Israel, deportato ad Auschwitz

13 Luglio 2020 - 10:20 Valerio Berra
Tutta la storia è stata ricostruita da MyHeritage e pubblicata dalla Bbc. Daniele Israel viveva a Trieste. È stato deportato a Auschwitz nel 1944

Nei polsini e nei colletti delle camicie, dove trovarle sarebbe stato impossibile. È qui che nel 1944 per 8 mesi Daniele Israel ha nascosto le lettere che inviava alla moglie Anna dal suo carcere di Trieste, dove è rimasto prima di essere deportato a Auschwitz. Una storia che la Bbc ha deciso di riportare alla luce dopo aver contattato i due figli di Daniele, Dario e Vittorio. Due uomini di 85 e 84 anni che ora vivono a Tel Aviv. Le lettere di Daniele sono state scoperte nel 2017 dai ricercatori di MyHeritage, un serivizio che permette di risalire alle origini della propria famiglia. Al momento sono conservate al World Holocaust Remembrance Center di Gerusalemme. Anna leggeva tutte le lettere ai suoi figli, prima di conservarle con cura. «Aspettavamo sempre che le lettere arrivassero. Ci sedavamo davanti alla mamma e ascoltavamo cosa papà aveva scritto».

Il sistema per far arrivare le lettere alla famiglia

Daniele era un tappezziere. Sapeva come usare un ago e un filo. Sapeva come aprire in fretta il polsino o il colletto di una camicia, mettere dentro un foglio di carta e ricucire tutto. Così nascondeva le lettere che voleva inviare a sua moglie e ai suoi figli, nascosti nella casa di suo cognato. Le camicie poi venivano recuperate da due ex impiegati del negozio di Daniele che ogni volta sfidavano i nazisti per portare i messaggi alla moglie. Anche Anna scriveva. Ma le sue lettere venivano distrutte appena dopo essere state lette da Daniele.

La prigionia, la guerra e le deportazioni

Daniele è stato portato su un treno diretto ad Auschwitz il 2 settembre del 1944. Le sue lettere sono un documento eccezionale di quella prigionia. Un diario, che giorno per giorno racconta le torture, le storie dei prigionieri che venivano portati via. Eppure Daniele non era preoccupato per se stesso ma per i suoi figli: «Era sempre spaventato per noi. Scriveva sempre per chiedere come stavamo e cosa stavamo facendo. E chiedeva a nostra madre di stare attenta e di essere sicura che noi non fossimo trovati». Non si sa esattamente cosa sia successo a Daniele. Alcune testimonianze dicono di averlo visto vivo due settimane prima della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. Altri dicono che è morto, stremato, durante una delle lunghe marce a cui erano costretti i prigionieri. I suoi figli però ora si possono aggrappare a un ricordo più vivido del padre. Oltre a recuperare le lettere, MyHeritage ha anche elaborato le foto di famiglia di Daniele e Anna. Non solo i ricercatori le hanno trasformate in formato digitale ma le hanno anche ricolorate.

Foto in copertina: Una delle immagini elaborate da MyHeritage e pubblicate nello speciale della Bbc

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