Multe, tariffe alle stelle e Comuni furbetti. La denuncia dell’Antitrust: «Aumenti fino al 400%»

Il presidente Rustichelli: «Veri e propri abusi contro cui l’automobilista non può nemmeno fare ricorso»

Multe salatissime e Comuni furbetti. È questa la denuncia fatta presidente dell’Antitrust, Roberto Rustichelli, che davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei diritti di utenti e consumatori ha parlato di «veri e propri abusi contro cui l’automobilista non può nemmeno fare ricorso». Le multe vanno pagate si sa, ma se a fare i furbi con le tariffe sono i Comuni diventa difficile fronteggiare aumenti anche del 400%. Con l’obiettivo di gonfiare le casse municipali la leva su cui si basano i rincari è la mancanza di «criteri oggettivi fissati dal legislatore». Al contrario di quanto succede per le «spese di notifica» di 9,5 euro, fissate per legge, sono le «spese di accertamento» a far alzare come più conviene la cifra da pagare. Alla voce corrispondente le amministrazioni più scaltre fanno rientrare di tutto: costi di stampa, costi acquisto, manutenzione dei palmari, moduli autoimbustanti, postalizzazione, redazione delle distinte delle raccomandate, visure alle banche dati della Motorizzazione Civile e cosi via.


«Voci di spesa duplicate»

«Paradossalmente, per le sanzioni di minore importo, tra spese di notifica fissate e regolate da Agcom e queste spese ulteriori di accertamento, si può arrivare a situazioni in cui esse sono più delle spese dell’importo edittale», spiega Rustichelli durante l’audizione in Commissione. Il libero arbitrio dei Comuni a questo proposito è totale: dalla minoranza che limita le spese di accertamento ai 2,5 euro a chi arriva a mettere nel conto fino a 15 euro. «In certi casi la discrezionalità dei Comuni denota come gli stessi sono giunti anche a duplicare varie voci di spesa», continua il Garante. «Ad esempio, un Comune include sia i costi di stampa, sia quelli per cartucce e nastri stampanti». E c’è anche chi gonfia le tariffe sulle “visure Aci” facendo lievitare il costo da 0,80 a 1,83 euro, con una differenza del 128%.


I costi inventati

Dove costi stabiliti non ci sono interviene l’ingegno delle amministrazioni: come spiegato dall’Antitrust, le spese di accertamento «curiosamente aumentano» per i contribuenti che hanno scelto di avere le notifiche via Pec. Un tipo di comunicazione non comporta la spesa fissa di notifica di 9, 50 euro, un bel problema per i Comuni che vogliono batter cassa. La soluzione allora è stata quella di inglobare i costi di notifica via Pec nella voce relativa alle «spese di accertamento», con una cifra che parte dai 4 euro fino ai 15 euro. «La discrezionale definizione di tali spese, a livelli talvolta elevati, si traduce in uno sfruttamento della posizione di debolezza del consumatore/cittadino, che è costretto a pagarle», spiega ancora Rustichelli, «per espressa previsione di legge senza poterne contestare il quantum in alcuna sede».

L’audizione dell’Antitrust ha trovato il favore del presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei diritti di utenti e consumatori, Simone Baldelli. «Per mettere fine a tutto ciò «è assolutamente necessario predeterminare normativamente l’ammontare di un costo standard valido per tutti i Comuni, ispirato a criteri di ragionevolezza, reale correlazione ai costi, trasparenza e non discriminazione degli utenti».

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