Molte persone a 24 anni sono agli inizi della propria carriera lavorativa. Ma per Alessia Piperno, nomade digitale arrestata lo scorso 28 settembre in Iran e tutt’ora detenuta, la misura era già colma. «Vivevo la classica vita monotona fatta di lavoro, ragazzo, qualche uscita con gli amici e poi di nuovo lavoro, lavoro, lavoro», aveva spiegato nel 2018 al blog di Gianluca Gotto, anche lui noto nomade digitale. «Ho deciso di partire innanzitutto perché volevo provare qualcosa di diverso». Per questo Alessia nel 2016 aveva acquistato un biglietto di sola andata per l’Australia, dove si è mantenuta per mesi lavorando in un hotel, e poi nelle farm lontane dalle grandi città. Poi Samoa, l’Islanda, l’India e il Pakistan e infine l’Iran. Dopo numerosi altri lavori tradizionali, ha iniziato a lavorare da remoto come freelance per una piattaforma digitale statunitense. È diventata a tutti gli effetti una nomade digitale – così si chiama chi lavora da remoto spostandosi da un luogo all’altro del mondo senza fissa dimora.
L’incontro col Dalai Lama
Originaria di Colli Albani, è figlia di Alberto e Manuela che gestiscono la libreria di famiglia. Ad attendere il suo ritorno c’è anche il fratello David. Il padre la definisce «una viaggiatrice solitaria» che «gira il mondo per conoscere usi e costumi dei popoli» e che «si è sempre adeguata e rispettato le tradizioni e, in certi casi, gli obblighi, di ogni paese che ha visitato». Girovagando per il mondo, Alessia ha anche avuto l’onore di incontrare il Dalai Lama. Si trovava in India: «Durante quei giorni conobbi un monaco, diventammo amici, ogni mattina ci incontravamo davanti un tè caldo, e parlavamo di vita. Un giorno mi disse “domani vado ad incontrare il Dalai Lama, per seguire le sue lezioni, vuoi venire con me?”. Fu un sogno dentro un sogno. Due giorni dopo ero seduta con tutti Monaci tibetani a seguire gli insegnamenti del Dalai Lama».
L’arrivo in Iran e lo scontro con la realtà del Paese
I suoi sei anni di viaggi l’avevano portata in Iran, dove era arrivata quasi tre mesi fa dal Pakistan. Sul suo profilo Instagram aveva definito così il Paese scosso dalle proteste per la morte di Mahsa Amini, probabilmente uccisa dalle autorità per non aver indossato correttamene il velo. «Tante persone credono a qualsiasi propaganda sentita dai media su quanto sia pericoloso viaggiare in questa terra», aveva scritto, aggiungendo «fatemi il piacere, buttatela la televisione». Nel corso della sua permanenza lì si era scontrata con il diverso trattamento che le donne ricevono nel Paese: «Sono fortunata a poter cantare a squarciagola quando sono in macchina, a ballare come una matta quando ascolto la musica, a guidare una moto, a lasciare i miei capelli svolazzanti al cielo, fortunata di poter camminare per strada stringendo la mano alla persona che amo, senza dovermi nascondere. Se sei donna, in Iran tutto questo non ti è consentito. E ora che mi trovo in questa parte di mondo dove la donna non dispone di questa libertà, penso a quanto sì, sono fortunata».
L’arresto
Da giorno del suo trentesimo compleanno, il 28 settembre, Alessia ha smesso di collegarsi a WhatsApp, affermano i suoi compagni di viaggio Angela e Paolo, che erano con lei in Iran. I due, presenti sui social network come “Beyond the Trip” spiegano di aver provato a contattare lei e l’ostello dove si trovava. Quando si sono resi conto che qualcosa non andava hanno allertato l’ambasciata italiana a Teheran, la Farnesina, e la famiglia, che poco prima aveva ricevuto la telefonata di Alessia. La ragazza ha chiamato dal carcere, nella capitale iraniana. Tutt’ora non si sa perché sia stata arrestata anche se il pretesto potrebbe essere la decisione di festeggiare il compleanno nel Paese, una usanza fortemente limitata dall’Islam. Le autorità stanno lavorando per raccogliere quante più informazioni possibile.
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