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«Tutto chiede salvezza», la serie tv contro lo stigma delle malattie mentali raccontata dal suo protagonista – L’intervista

27 Ottobre 2022 - 14:50 Giada Giorgi
La nuova serie targata Netflix ispirata all'omonimo libro di Daniele Mencarelli, racconta i sette giorni di Tso di un 20enne. Open ne ha parlato Federico Cesari

«I pazzi veri sono quelli che non si inginocchiano mai». È l’inno alla fragilità pronunciato da Federico Cesari in una delle ultime scene di Tutto chiede salvezza, la nuova serie tv firmata Netflix dedicata al tema urgente della salute mentale. Ispirata all’omonimo libro di Daniele Mencarelli, premio Strega giovani nel 2020, la serie racconta in sette episodi i sette giorni di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) di un 20enne. Open ha intervistato il protagonista della serie Federico Cesari, giovane attore già visto nel fortunato teen drama Skam dove era alle prese con i pregiudizi legati all’omosessualità e che ora in Tutto chiede salvezza è riuscito a dare un’altra grande prova di sensibilità interpretativa. A 20 anni Daniele si ritrova in un reparto psichiatrico, con persone che all’inizio rifiuterà tra lo sdegno e la paura. Durante il ricovero i compagni di stanza Giorgio, Mario, Gianluca e tutti gli altri diventeranno l’esempio di come si può vivere ai margini della società ed essere allo stesso tempo i protagonisti di un atto rivoluzionario: abbracciare le proprie fragilità e quelle degli altri senza più etichette né pregiudizi. Attraverso gli occhi di un giovane, la serie fa luce su una delle realtà meno raccontate del sistema sanitario italiano. Secondo gli ultimi dati disponibili, registrati dal Rapporto salute mentale del ministero della Salute, solo nel 2020 sono stati più di 5mila i trattamenti sanitari obbligatori effettuati. Luoghi e persone spesso nascosti che Tutto chiede salvezza ha cercato di raccontare tramite gli occhi di un giovane. Per questo nella “stanza dei matti” il tragico e il comico si alternano come nella realtà, una scelta narrativa che riesce a non far cadere la serie nel racconto artificiale della sofferenza.

«Salvarsi dalla richiesta di infallibilità»

Nel giro di dieci giorni, il racconto autobiografico trasformato in serie per la regia di Francesco Bruni, ha conquistato gli spettatori di ogni generazione: dall’uscita il 14 ottobre, Tutto chiede Salvezza è risultata la serie più vista in assoluto sulla piattaforma già dopo tre giorni, superata solo dai colossi Dahmer e The Watcher. «Viviamo in un mondo in forte crisi che però ci vuole infallibili», spiega Cesari, «ed è questo il pericolo principale da cui la nuova generazione ha bisogno di salvarsi. Io stesso con il mio lavoro sono costretto a fare i conti con l’idea di perfezione che spesso le altre persone confezionano per me». Un peso psicologico che ha bisogno di essere alleggerito e supportato e che il giovane artista ora racconta di poter affrontare nella consapevolezza, finalmente acquisita, di una salute mentale «che riguarda tutti». Studente di medicina, oltre che attore, Cesari parla del Tso, delle condizioni di ricovero nei reparti italiani, un àmbito che la serie è riuscita a non trascurare intrecciando le singole storie con l’aspetto più tecnico del tema. Il senso di libertà raccontato nelle scene finali della serie è lo stesso a cui Cesari si riferisce parlando del messaggio lasciato da Tutto chiede salvezza: «La consapevolezza finalmente che non c’è un noi e un loro, che nessuno si salva mai da solo, che la divisione del mondo in buoni e cattivi non restituisce una fotografia reale di quello che tutti, nessuno escluso, ogni giorno siamo chiamati a vivere».

Foto di copertina: NETFLIX/Andrea Miconi

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