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La serie Netflix “Mercoledì” al centro delle polemiche: «Tim Burton è razzista, non è la prima volta che lo dimostra»

02 Dicembre 2022 - 18:05 Ludovica Di Ridolfi
Lo spin-off de La famiglia Addams è uscito su Netflix lo scorso 23 novembre e sta già battendo tutti i record di ascolti

Due fattori ricorrenti sembrano una presenza irrinunciabile negli ultimi prodotti targati Netflix: il teen drama e l’inclusività. Ovvero, rispettivamente, il percorso narrativo che fa degli adolescenti il proprio target di riferimento e il proprio oggetto di narrazione e la rappresentazione di diverse etnie, orientamenti sessuali, identità sessuali. Entrambi gli elementi hanno trovato spazio nello spin-off de La famiglia Addams prodotto da Tim Burton e dal 23 novembre sulla piattaforma: “Mercoledì“. Ma se il primo sembra inserito in maniera riuscita, il secondo ha fatto discutere non pochi utenti sul web. Che adesso accusano il regista di razzismo per aver incluso solo due personaggi neri, e per averli dipinti come gli antagonisti.

La fortunata serie Netflix

Atmosfere gotiche, sarcasmo, un mistero da risolvere e il ritorno sul piccolo schermo di uno dei personaggi più amati e irriverenti della televisione. Gli ingredienti ci sono tutti, e la ricetta è infatti uscita alla perfezione: Mercoledì, la serie incentrata sulla figlia titolare della famiglia Addams e interpretata da Jenna Ortega, punta a superare i record della piattaforma in termini di ascolti. Avrebbe già battuto il fenomeno Stranger Things come serie in lingua inglese più vista in una settimana, collezionando 341,23 milioni di ore di visione. Il prodotto è permeato dallo sguardo dark che ha fatto la fortuna di Tim Burton, produttore esecutivo e anche regista dei primi quattro episodi.

Le polemiche

La riproposizione della storia risulta per certi versi fedele all’originale, ispirata dai fumetti di Charles Addams pubblicati a partire dagli anni ’60. Tornano infatti i componenti della famiglia al completo, da Morticia (Catherine-Zeta Jones) a Zio Fester (Fred Armisen) e Mano (mano), ma la rosa dei protagonisti viene arricchita da nuove figure. Nella serie, Mercoledì lascia un liceo normale per trovare rifugio nella bizzarra Nevermore Academy, il paradiso della stramberia dove l’idiosincrasia della protagonista non è più oggetto di scherno. Nel corso della sua avventura, incontra, tra gli altri, due personaggi: Bianca Barclay e Lucas Walker, antagonisti e bulli, interpretati da due attori neri. Gli unici della serie. Alcuni spettatori hanno fatto notare, per giunta, che Walker è il figlio del sindaco corrotto e possiede Pilgrim World, un museo e un parco a tema che celebrano i colonizzatori americani. Questi due aspetti hanno portato alcuni spettatori a gridare al razzismo.

Il dibattito social

«”Mercoledì” è una serie estremamente divertente ma… il razzismo di Tim Burton traspare senza ombra di dubbio», scrive ad esempio un utente. «Mi stavo godendo la serie prima di scoprire l’aperto razzismo di Tim Burton», fa eco un altro. «L’estetica è fantastica, l’attrice protagonista eccezionale ecc. Ma il razzismo è molto alla Tim Burton», ribadisce un’altra voce. C’è anche chi si spinge più in là denunciando ulteriori dettagli: «Tim Burton non è razzista, eh? Mercoledì, le barche della Poe Cup prendono il nome dalle storie di Edgar Allen Poe. Il personaggio nero Bianca fa parte del team Gold Bug. The Gold Bug è l’unica storia di Poe che presenta un personaggio nero, uno schiavo particolarmente stupido di nome Juniper», si legge in un tweet. «La parte della serie in cui Morticia guarda in faccia il sindaco di colore e dice “le persone come te non sanno cosa vuol dire non essere credute”… tipo?!!!?!!?!!?!», aggiunge un post.

Non sono comunque in pochi a controbilanciare le teorie dei detrattori. C’è per esempio chi fa notare che anche i neri possono essere bulli, e che fare interpretare agli attori afro-discendenti solo ruoli positivi sarebbe in realtà molto più razzista. Qualcun altro polemizza che Twitter vede ormai il razzismo ovunque. Senza contare che la protagonista dello show ha origini messicane e portoricane. Nel dibattito-social, come spesso capita polarizzato, a chi spezza una lancia in favore del regista altri utenti ricordano: «Penso che il problema sia perché quei personaggi provengono da un progetto di Tim Burton e lui è razzista. Credo che se provenissero da un progetto di qualcuno che non ha avuto un passato legato al razzismo, probabilmente la gente non ne parlerebbe».

I precedenti

Il riferimento è ad ulteriori polemiche che negli anni passati avevano travolto il regista in merito alla questione. I suoi film erano stati definiti dal Washington Post «bizzarri e oscuri, insoliti e simpatizzanti con gli emarginati». Ma anche «molto bianchi». Il regista candidato all’Oscar, ricorda l’Independent, è stato ripetutamente criticato per aver scelto attori completamente bianchi in film da Edward mani di forbice a Sleepy Hollow. Nel 2016, durante la promozione di Miss Peregrine’s Home for Peculiar Children, Samuel L. Jackson aveva commentato di essere l’unica persona di colore nel film (e interpretava il cattivo). I commenti che Tim Burton fece all’epoca riguardo il politicamente corretto non vennero accolti benissimo dai fan.

«Sono cresciuto guardando i film di Blaxploitation, giusto? Ho detto, è fantastico. Non ho detto, OK, dovrebbero esserci più bianchi in questi film», aveva aggiunto, riferendosi allo stile cinematografico di solito realizzato a buon mercato e non considerato di alto valore artistico, popolare negli anni ’70, che coinvolgeva attori neri e aveva lo scopo di attirare un pubblico nero. In merito alla polemica sulla sua ultima serie, invece, non ha espresso alcuna dichiarazione. Mike Simpson, un rappresentante del regista, ha risposto al New York Post che l’aveva contattato per un commento: «Non inoltrerò una richiesta di commento così stupida a Tim». Per poi aggiungere: «Tuttavia, a quanto pare persino l’ora legale è razzista», riferendosi a un recente articolo della CNN che sosteneva che l’ora legale influisca in modo sproporzionato sul sonno e sulla salute delle minoranze.

Credits foto copertina: Netflix

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