La sfida è aperta. Microsoft non è l’unica compagnia intenzionata a spodestare Google, egemone nel mercato dei motori ricerca grazie all’intelligenza artificiale di ChatGpt. Secondo indiscrezioni sempre più insistenti citate da Bloomberg, infatti, anche Baidu – il motore di ricerca numero uno in Cina, dove Google non è disponibile – starebbe lavorando a un’integrazione dell’AI nei propri servizi. Il lancio di un chatbot direttamente concorrente di quello di OpenAI potrebbe arrivare già a marzo. E intanto, anche Google si sta attrezzando per rispondere ai concorrenti con il suo Sparrow. Anche per Big G, l’intelligenza artificiale servirà a migliorare i risultati di ricerca grazie all’abilità nell’elaborazione e riproduzione dei testi, spesso indistinguibile da quella degli esseri umani. Pechino vuole essere in grado di offrire un servizio con prestazioni simili a quello offerto dai rivali americani, per dimostrare i passi da gigante compiuti nel comparto tech e sfidare Washington. Non è la corsa allo spazio, ma le implicazioni geopolitiche sono evidenti.
L’autonomia della Cina
Il chatbot nazionale sarebbe infatti uno strumento potente nelle mani del governo cinese. Alla notizia, il titolo di Baidu, che negli ultimi anni ha investito miliardi di dollari nella ricerca sull’AI, ha guadagnato il 5 per cento in borsa. C’è chi sostiene che, con la crescita della compagnia, gli internauti cinesi potrebbero vedere il loro accesso a ChatGpt revocato dalla censura di Pechino. Così come già avviene per Google e Amazon. Ciò contribuirebbe ulteriormente all’isolamento della rete cinese da Internet e al controllo del flusso di informazioni in entrata a in uscita da parte di Pechino.
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