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Allergia al latte, come diagnosticarla e quali precauzioni seguire

08 Febbraio 2023 - 10:27 Redazione
Antonella Muraro dell'Università di Padova spiega la differenza con l'intolleranza e i rischi

All’inizio di febbraio 2023 una ragazza di 20 anni è morta per aver mangiato un tiramisù teoricamente vegano, ma che in realtà pare contenesse proteine del latte a cui la giovane era allergica fin dalla nascita. Le allergie alimentari consistono in reazioni anomale a un elemento del cibo che il sistema
immunitario riconosce come «pericoloso». Ovvero, in questo caso, proteine come la caseina, le lattoglobuline o la lattoalbumina. Come nel caso di altre allergie, un primo contatto con l’alimento in questione – spiega Antonella Muraro, direttrice del Centro di Specializzazione Regione Veneto per lo Studio e la Cura delle Allergie e Intolleranze alimentari presso l’Università di Padova, dalle colonne del Corriere della Sera – scatena la sensibilizzazione, ovvero si formano anticorpi (immunoglobuline di tipo E). In caso di contatti successivi, però, si innesca una risposta allergica rapida e violenta, anche con minime tracce di quel cibo. 

La differenza con l’intolleranza

L’allergia al latte vaccino si differenzia dall’intolleranza al lattosio perché quest’ultima, invece, dipende da un deficit parziale o totale dell’enzima lattasi che serve a digerire il lattosio, che non è assorbito e nell’intestino diventa «cibo» per batteri che lo fermentano. L’intolleranza si manifesta dunque con la produzione di gas e disturbi che vanno dal gonfiore al dolore, dalla stitichezza alla diarrea, da mezz’ora a due ore dopo il consumo. In questo caso però non viene coinvolto il sistema immunitario, e dunque non si verificano reazioni pericolose per la vita. Chi è intollerante può arginare il problema, nel caso di sgarri sporadici e non ripetuti, assumendo integratori di lattasi in pillole fra cinque e 30 minuti prima di un pasto contenente latticini. Ma gli integratori non sono efficaci per chi è allergico al latte. L’allergia si manifesta nei primi anni di vita e in circa il 70% dei casi scompare verso i cinque-sette anni. Circa il 30% dei casi di allergia al latte, invece, è grave e persiste in adolescenza e da adulti. Alcuni pazienti selezionati possono ricorrere all’immunoterapia, con la desensibilizzazione che «insegna» al sistema immunitario a tollerare il latte. Alcuni possono arrivare alla tolleranza, altri accrescere la dose che riescono a ingerire senza reazioni, in caso di consumo accidentale. La cura però, che prevede di incrementare la dose di allergene a cui si è esposti, non può essere fatta in autonomia: deve seguire protocolli precisi, della durata di anni, da eseguire in ospedale. Sono in corso studi per valutare farmaci biologici (anticorpi monoclonali).

I sintomi

I sintomi dell’allergia consistono in disturbi gastrointestinali, come dolore, nausea, o vomito. Ma si possono registrare anche sintomi respiratori (fra cui rinite, tosse, difficoltà di respiro) e cutanei (orticaria, rossore, irritazione e gonfiore), fino a reazioni gravissime come l’anafilassi. L’allergia si diagnostica dopo una valutazione della storia clinica e una serie di test allergologici validati, da eseguire sotto controllo medico: cutanei e sierologici per le IgE specifiche, assieme a diete di esclusione e provocazione.

Precauzioni e rischi

Chi scopre di essere allergico, deve eliminare latte e latticini dalla propria dieta. Poiché a non essere tollerata è la proteina del latte, e alcune possono degradarsi ad alte temperature, i pazienti selezionati potrebbero tollerare prodotti da forno. In ogni caso bisogna controllare gli ingredienti dei cibi ingeriti, leggendo attentamente etichette e menu, e prepararsi a gestire un’emergenza in caso di consumo accidentale, munendosi dell’auto-iniettore con adrenalina. Se queste precauzioni non vengono osservate, nei casi più gravi, si può arrivare allo choc anafilattico: inizia di solito con prurito, tosse secca e stizzosa, gonfiore di lingua e labbra o respiro affannoso/sibilante; poi può calare la pressione con vertigini e confusione, fino alla perdita di coscienza e al coma. Il pericolo di anafilassi, tuttavia, non è facile da misurare e dipende da molteplici fattori. Uno strumento molto utile per i pazienti con allergia grave è la «penna» con adrenalina, ovvero un salvavita che blocca la progressione della reazione anafilattica. Lo strumento va prescritto dall’allergologo, che deve spiegare come si usa (anche nei momenti di panico). Ogni paziente a rischio dovrebbe averne due e saperle usare ai sintomi iniziali; in Italia c’è ampia differenza tra le Regioni nella fornitura dei due auto-iniettori.

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