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«Il saluto romano diffonde odio razziale», perché i giudici hanno condannato 8 estremisti di destra a Milano

22 Febbraio 2023 - 21:39 Redazione
estrema destra ramelli
estrema destra ramelli
Sono le motivazioni con cui i giudici hanno ribaltato le assoluzioni di primo grado nei confronti dei militanti che parteciparono alle commemorazioni per Ramelli nel 2016

«Con La pubblica ostentazione di gesti e simboli dell’ideologia fascista, in un contesto rievocativo e celebrativo si fa propaganda e diffusione di idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale ed etnico e sulla violenza e si compromette la ordinata e pacifica convivenza civile». Lo scrivono i giudici della Corte d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui a fine novembre sono stati condannati otto esponenti di estrema destra, ribaltando un verdetto di assoluzione di primo grado, a due mesi di reclusione e a 200 euro di multa per aver fatto il saluto fascista nel corso di una commemorazione a Milano nel 2016 dello studente Sergio Ramelli e dell’avvocato Enrico Pedenovi, uccisi negli anni ’70, e di Carlo Borsani militare e stretto collaboratore di Mussolini ucciso nell’aprile del ’45. Tra i condannati ci sono alcuni esponenti piuttosto noti del fascismo milanese degli ultimi anni come Stefano Miglio, leader di Lealtà e Azione, e Duilio Canu, ex di Forza Nuova e presidente del Movimento Nazionale-La Rete dei Patrioti. I giudici, presieduti da Emanuela Corbetta, accogliendo il ricorso dall’ex pm milanese, ora procuratore a Sondrio, Piero Basilone, hanno richiamato nella loro decisione una recente sentenza della Cassazione sull’applicabilità in questi casi della legge Mancino. La manifestazione del 2016, fa presente la Corte, «ha coinvolto un migliaio di persone, si è svolta nel centro cittadino, in una piazza accessibile alla cittadinanza diffondendo simboli e rituali dell’ideologia fascista fondata su valori discriminatori per ragioni di razza ed etnia», si legge nelle motivazioni. Ma non solo: per i giudici il fatto che ci in un altro processo relativo a una manifestazione dello stipo tipo del 2014 ci siano state assoluzioni, «non legittima gli imputati ad invocare la cosiddetta ignoranza inevitabile della legge penale». Anzi, spiega la Corte, «il dubbio sulla liceità o meno deve indurre il soggetto ad un atteggiamento più attento». 

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