Federico Moccia, la tesi di laurea su London e i ricordi degli inizi: «Ho messo io il primo lucchetto a Ponte Milvio»

Lo scrittore parla dei suoi inizi difficili: «Ho dovuto autopubblicare “Tre metri sopra il cielo”, mi è costato 4 milioni»

Federico Moccia, 59 anni, dice che la sua tesi di laurea non è frutto dell’egocentrismo. Anzi. Con “Due visioni comparate dell’amore: Jack London e Federico Moccia, differenze e affinità di stile, visione e ispirazione attraverso il tempo” voleva rendere omaggio al suo scrittore preferito. «Quando a 13 anni ho letto per la prima volta Martin Eden è stata una folgorazione. Abbiamo molte cose in comune. A cominciare dalle difficoltà iniziali nella pubblicazione delle opere. E la diffidenza della critica. Ci unisce anche una certa visione della vita», dice oggi a Repubblica. Nel colloquio con Raffaella De Santis Moccia dice che l’eredità emotiva di London lo ha ispirato nella scrittura del suo best seller: “Tre metri sopra il cielo”. Per il quale, ricorda, si dovette affidarsi all’autopubblicazione: «Lo stampai con la casa editrice Il Ventaglio. Mi costò 4 milioni di lire per 300 copie».


Figlio d’arte

Lo scrittore ricorda di aver iniziato sulle orme di suo padre Giuseppe, in arte Pipolo. Poi il libro ha cominciato a decollare. Anche se la casa editrice aveva chiuso per fallimento. Quando il produttore cinematografico Riccardo Tozzi pensò di farne un film trovò anche un editore vero: Feltrinelli. «In quattro giorni le librerie vendettero 30 mila copie. Per tre anni rimase primo in classifica. Avevo 41 anni, erano passati 12 anni dall’esordio», ricorda. Mentre la decisione di iscriversi all’università è arrivata durante la pandemia: «Volevo coronare il sogno di mia madre: vedermi laureato». Da ragazzo aveva conseguito la maturità classica. Poi aveva lasciato la facoltà di giurisprudenza «a pochi esami dalla fine». Oggi dice che la critica nutre un pregiudizio nei suoi confronti: «Ammappetela. Come se il successo fosse un insulto alla loro intelligenza. Le critiche sono opinioni. Mio padre mi ha insegnato ad ascoltare solo quelle costruttive. Sono le uniche che fanno migliorare».


Il lucchetto a Ponte Milvio

Moccia racconta anche che è stato lui a portare il primo lucchetto a Ponte Milvio. «Il libro doveva uscire il 9 febbraio 2006, il giorno prima sono uscito di sera a mettere il lucchetto. Mi sono detto: metti il caso che qualcuno leggendo venga qui a vedere se si tratta di una storia vera… Poi il fenomeno è esploso nel mondo e il lucchetto è diventato simbolo di amore». L’autore non se la prende se oggi i suoi libri non vendono più come un tempo: «Comunque in Spagna e Sudamerica continuano a leggermi e la trilogia di Babi e Step è stata tradotta negli Stati Uniti e ha ispirato una serie Netflix». Il suo successo riguarda anche altri paesi: «Se va in Russia e chiede chi sono gli scrittori più noti le diranno Umberto Eco e Federico Moccia».

Leggi anche: