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Reato di tortura, il ministro Nordio corregge FdI: «Il governo non intende abrogarlo» – Il video

29 Marzo 2023 - 16:20 Maria Pia Mazza
Il ministro della Giustizia in audizione dopo la presentazione di un progetto di legge a firma Fratelli d'Italia: «Ci sono questioni tecniche che vanno rimodulate»

«Posso dire senza se e senza ma il governo Meloni non ha alcuna intenzione di abrogare il reato di tortura: abbiamo tutte le intenzioni di mantenerlo. Il reato di tortura è un reato odioso e abbiamo tutte le intenzioni di mantenerlo: il governo non ha nessuna intenzione di abrogarlo». Sono le parole del ministro della Giustizia Carlo Nordio, rispondendo in Aula alla Camera a un’interrogazione sulle possibili modifiche normative relative ai reati di tortura e di istigazione alla tortura, dopo la proposta di legge per abrogare il reato di tortura presentata da FdI. «C’è solo un aspetto tecnico che deve essere rimodulato – ha sottolineato il Guardasigilli -, perché al momento ci sono carenze tecniche di specificità e tipicità che devono connotare la struttura della norma penale». Il deputato del Pd Alessandro Zan, commentando l’intervento del ministro, ha osservato che la risposta del Guardasigilli è, ad avviso dei dem, «preoccupante». Questo perché, come spiegato dall’onorevole Zan, «il ministro dice che il governo non vuole abrogare il reato di tortura, ma apre a modifiche: o sbugiarda la volontà politica del suo stesso partito, o è in malafede». In Italia, l’iter per l’istituzione del reato di tortura è iniziato nel 2014. La legge venne approvata grazie ai voti del Partito Democratico e di Alternativa Popolare, e l’astensione dal voto del M5s, Sinistra Italiana, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.

Quali sono le carenze tecniche specifiche

Nel corso del suo intervento, il ministro Nordio ha spiegato quali sono le carenze tecniche da affrontare. Il primo punto critico riguarda il fatto che la Convenzione di New York «circoscrive le condotte della tortura a quelle caratterizzate dal dolo specifico», messe in atto «per ottenere un risultato ulteriore, in questo caso informazioni, punire o discriminare», «il nostro legislatore, optando per una figura criminosa caratterizzata dal dolo generico, ha eliminato il dato distintivo della tortura rispetto agli altri maltrattamenti rendendo concreto il rischio di vedere applicata la disposizione ai casi di sofferenza provocate durante operazioni lecite di polizia». La seconda carenza tecnica da affrontare riguarda il fatto che «si è fusa in un’unica fattispecie il reato delle figure criminose di tortura e maltrattamenti inumani e degradanti, considerate sul piano internazionale figure distinte e meritevoli di trattamenti differenziati». In tal senso il ministro Nordio ha sottolineato che «sottoporre i due illeciti al medesimo trattamento sanzionatorio è una scelta non ragionevole e non imposta dai vincoli internazionali». Malgrado queste note tecniche, il Guardasigilli ha dichiarato: «Vi posso assicurare, parola d’onore, che il reato di tortura rimarrà».

Cosa prevede il reato di tortura

Il reato di tortura, presente nel Codice penale italiano, punisce chi, con violenze o minacce gravi, o agendo con crudeltà, causa acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, assistenza, controllo o cura, o anche chi si trovi in una situazione di minorata difesa se il fatto è commesso con più condotte o comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Il reato è contenuto nell’articolo 613 bis (tortura) e 613 ter (istigazione alla tortura) del Codice penale, nella parte dedicata ai delitti contro la persona e in particolare contro la libertà morale, introdotta in Italia nel 2017, con la legge 110. Il reato di tortura è nato in seguito alla Convenzione di New York del 1984, che obbliga gli Stati a inserire nel proprio ordinamento questa fattispecie di reato. In precedenza, la Convenzione di Ginevra del 1949, tutelava i prigionieri di guerra e ne vietava la tortura.

Video in copertina: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev

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