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Scontro sul reato di tortura, FdI vuole abolirlo per «tutelare l’onore della polizia». La protesta di Ilaria Cucchi

24 Marzo 2023 - 15:59 Giada Giorgi
Poche ore fa la denuncia di Strasburgo con il rapporto dell'organo anti tortura del Consiglio d'Europa: «Carceri italiane violente e sovraffollate»

«Giù le mani dalla legge che punisce la tortura», così la senatrice di Sinistra Italiana-Alleanza Verde Ilaria Cucchi si appella al capo dello Stato affinché non si cancelli dall’ordinamento l’aggravante del reato di tortura. La presa di posizione arriva dopo la proposta di legge depositata alla Camera da alcuni esponenti di Fratelli d’Italia con prima firmataria Imma Vietri per abrogare il reato di tortura introdotto nell’ordinamento italiano nel 2017. «Notizia di queste ore è la sospensione di 23 agenti del carcere di Biella accusati dalla magistratura di tortura di Stato nei confronti di 3 detenuti e nelle stesse ore veniamo a conoscenza dell’assegnazione in Commissione Giustizia della Camera di una proposta di legge di FdI che vuole abrogare la tortura. Questo è un fatto gravissimo», continua Cucchi. «Sostenere che la tortura in Italia non esista è una bugia. Far finta di niente e voltarsi dall’altra parte è già questa una violazione dei diritti umani». La senatrice ha poi ricordato come «più di un giudice, prima dell’introduzione di questa legge, si è trovato a non poter procedere perché la legge non esisteva». La lotta alla sua introduzione non può secondo Cucchi essere vana e per questo si appella a tutte le forze politiche e soprattutto al presidente della Repubblica: «Giù le mani dalla legge che punisce la tortura. Chi ha paura del reato di tortura legittima la tortura».

La proposta di legge di Fratelli d’Italia

A presentare poche ore fa la proposta di legge è stato il partito di Giorgia Meloni Fratelli d’Italia: con il provvedimento, ora assegnato in Commissione di giustizia, si chiede di abrogare di fatto gli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale che introducevano il reato. Gli esponenti FdI spiegano le ragioni della proposta soprattutto a difesa delle Forze di polizia: «L’incertezza applicativa in cui è lasciato l’interprete con le norme introdotte nel 2017 potrebbe comportare la pericolosa attrazione nella nuova fattispecie penale di tutte le condotte dei soggetti preposti all’applicazione della legge, in particolare del personale delle Forze di polizia che per l’esercizio delle proprie funzioni è autorizzato a ricorrere legittimamente anche a mezzi di coazione fisica». Se non si abrogassero gli articoli 613-bis e 613-ter, secondo i firmatari, «potrebbero finire nelle maglie del reato in esame comportamenti chiaramente estranei al suo ambito d’applicazione classico, tra cui un rigoroso uso della forza da parte della polizia durante un arresto o in operazioni di ordine pubblico particolarmente delicate o la collocazione di un detenuto in una cella sovraffollata».

Poi gli scenari possibili: «Gli appartenenti alla polizia penitenziaria per esempio rischierebbero quotidianamente denunce per tale reato a causa delle condizioni di invivibilità delle carceri e della mancanza di spazi detentivi, con conseguenze penali molto gravi e totalmente sproporzionate». Tutto questo assieme al «rischio di subire denunce e processi strumentali che potrebbe disincentivare e demotivare l’azione delle Forze dell’ordine, privando i soggetti preposti all’applicazione della legge dello slancio necessario per portare avanti al meglio il loro lavoro, con conseguente arretramento dell’attività di prevenzione e repressione dei reati e uno scoraggiamento generalizzato dell’iniziativa delle Forze dell’ordine».

«Pene sproporzionate rispetto al reato. Tutelare l’onorabilità delle Forze di polizia»

Insieme alla prima firmataria Emma Vietri, anche Amich, Cangiano, Cerreto, Chiesa, Ciaburro, Iaia, La Porta, Longi, Maiorano, Michelotti e Tremaglia, sono convinti di come le pene previste per il reato di tortura «siano chiaramente sproporzionate rispetto ai reati che puniscono nel codice attualmente tali condotte (percosse, lesioni, minaccia eccetera) e non giustificate dall’andamento della situazione criminale in Italia». Per queste ragioni l’obiettivo dichiarato è quello di «tutelare adeguatamente l’onorabilità e l’immagine delle Forze di polizia, che ogni giorno si adoperano per garantire la sicurezza pubblica rischiando la loro stessa vita e per evitare le pericolose deviazioni che l’applicazione delle nuove ipotesi di reato potrebbe determinare». Oltre all’abrogazione degli articoli che introducono il reato di tortura, la proposta di legge prevede anche l’introduzione di una nuova aggravante comune che mira «a dare attuazione agli obblighi internazionali».

La denuncia dell’organo anti tortura del Consiglio d’Europa

A dare un quadro drammatico delle condizioni degli istituti di pena italiani è il Cpt, l’organo anti tortura del Consiglio d’Europa nel rapporto basato sulla visita condotta un anno fa, in cui torna a domandare anche l’abolizione dell’isolamento diurno e il riesame della gestione dei detenuti sottoposti al regime di 41-bis. Violenze e intimidazioni tra detenuti soprattutto nelle carceri di Lorusso e Cutugno a Torino e quello di Regina Coeli a Roma sono alcune delle realtà riportate dall’organo europeo, insieme a una quota di sovraffollamento in tutte le strutture visitate, e che in particolare nella prigione di Monza, raggiunge il 152%. Alla luce di quanto raccolto, Strasburgo chiede anche di migliorare le condizioni di vita dei detenuti e misure urgenti e specifiche per le donne e per i transessuali carcerati.

A commentare il rapporto del Cpt è stato il ministro della Giustizia Carlo Nordio: «È vero le nostre carceri sono sovraffollate, abbiamo ampi progetti per ridurre questa criticità. Un progetto a lungo termine riguarda la dismissione delle vecchie carceri, come Regina Coeli che può essere venduto sul mercato, prevedendo la costruzione di nuove case», spiega, «ma anche un progetto a lungo termine, soluzione più ambiziosa e definita, di utilizzare una serie di edifici, a cominciare da caserme dismesse, che hanno struttura compatibile con il carcere».

Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, parla invece di una vera e propria riforma del sistema penitenziario «che guardi alla pena come elemento di risocializzazione della persona». Commentando il rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa sull’Italia, Gonnella spiega: «Quello che emerge è la situazione di sovraffollamento strutturale del sistema penitenziario italiano per il quale da tempo Antigone chiede un incremento delle misure alternative, sottolineando come ci siano migliaia di detenuti con pene brevi, che ben potrebbero accedere a percorsi diversi dalla detenzione in carcere. Così come è necessario che su alcuni temi, ad esempio quelli legati alle politiche sulle droghe, si proceda a una serie di depenalizzazioni così da affidare le persone con dipendenze ad un percorso di cura e non un percorso penale e detentivo».

Secondo Antigone attualmente in Italia ci sono oltre 200 persone tra agenti, operatori e funzionari indagati, imputati o condannati per violenze e torture. «Questo», chiarisce il presidente, «è quindi un tema che va affrontato con priorità, senza cercare scorciatoie». Nel report il Cpt caldeggia anche l’adozione di un sistema di sorveglianza dinamica che interagisca con il sistema delle celle aperte: «un sistema che forze politiche e sindacali più volte hanno chiesto e proposto venisse eliminato, tornando di fatto ad un regime in cui il detenuto passa 20 ore su 24 chiuso nella propria cella», spiega Gonnella. Si tratta di un regime, quello a celle aperte, «che va riempito di attività e non si trasformi in ciò che troppo spesso è, ovvero un regime dove i detenuti possono passeggiare per le sezioni ma senza poter far altro».

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