«L’abbiamo tirata, poi l’acido addosso»: così è morta Marzia Capezzuti

Il racconto del 15enne alla sorella. E le parole della madre: «Non la troveranno mai, l’abbiamo data in pasto ai maiali»

La morte di Marzia Capezzuti è stata raccontata su Instagram. Un ragazzino di 15 anni, parlando con la sorella, ha ammesso che la ragazza di 29 anni ufficialmente scomparsa è stata uccisa dalla sua famiglia. Questo è il racconto dell’ordinanza che ha portato in carcere tre persone. I carabinieri hanno arrestato Damiano Noschese, la compagna Mariabarbara Vacchiano – sorella dell’ex fidanzato della vittima – e il loro figlio 15enne. La 29enne di Milano è sparita dal comune di Pontecagnano Faiano nel mese di marzo 2022. Prima, ovvero dal 2019, era stata ridotta in schiavitù e torturata oltre che depredata della sua pensione di invalidità. Perché i familiari la incolpavano della morte del fratello di Mariabarbara, deceduto per overdose.


La famiglia Vecchiano

Nella videochiamata su Instagram il 15 enne dice prima: «Abbiamo finito». Si fa il segno della croce e poi continua: «L’abbiamo portata a fare un giro. L’abbiamo tirata». E disegna un gancio con le mani. Poi aggiunge che forse sul cadavere «è stato buttato l’acido addosso». La ragazza era «affetta da disturbo della condotta in ritardo mentale di media gravità». Il video, racconta oggi l’edizione napoletana di Repubblica, è agli atti. Manca l’audio ma il colloquio è stato ricostruito con una perizia. Noschese e Vacchiano devono rispondere anche dell’accusa di maltrattamenti, sequestro di persona, indebito utilizzo di carte di pagamento e tortura. Secondo le testimonianze Capezzuti veniva regolarmente picchiata, insultata, e in un caso è stata costretta a ingoiare una sigaretta accesa. Durante una puntata di Chi l’ha visto, fu mostrata una foto scattata da un cittadino. Marzia appariva con il volto pieno di lividi e con macchie di sangue. Lo scatto risalirebbe a pochi mesi prima della scomparsa, avvenuta il 7 marzo del 2022.


Le torture e le sevizie

Secondo una testimone le avevano marchiato sulla pelle le lettere B e V, iniziali di Barbara Vacchiano. Le torture sarebbero durate tre anni, fino alla notte in cui tentò di opporre resistenza: «Dove mi portate? È buio». Alla figlia Annamaria la madre mentre erano in caserma ha detto: «Tanto non la trovano perché l’ho uccisa e data in pasto ai maiali». E poi: «Ricordati che sei una Vacchiano». In un casolare abbandonato a Montecorvino Pugliano sono stati trovati resti probabilmente appartenuti alla ragazza. Annamaria, scrive il giudice, non solo è credibile, ma è anche l’unica della famiglia ad aver conservato umanità. La giovane sarebbe stata portata via proprio dai tre indagati dalla casa di residenza, in piena notte. I successivi rilievi effettuati dalla scientifica ed il materiale biologico estrapolato da un dente rinvenuto sul pavimento vicino al cadavere, hanno consentito di appurare che si trattasse del corpo della ragazza. Nel luogo in cui fu abbandonata ieri il sindaco di Pontecagnano Giuseppe Lanzara ha deposto un fascio di fiori.

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