Benessere sociale, il valore aggiunto delle relazioni nel periodo post-pandemia: «Un rapporto sano? Quello senza (pre)giudizi» – Il video
«Stando con gli altri sono riuscito a misurare davvero chi fossi diventato», racconta così Francesco, uno dei giovani intervistati da Open sul valore del benessere sociale. Studente universitario di 23 anni, torna al momento in cui, dopo mesi passati in un lockdown emotivo prima che fisico, si è riaffacciato alla vita con una nuova consapevolezza. Chiusure, didattica a distanza, smart working hanno profondamente modificato la percezione delle relazioni nella vita delle nuove generazioni: tenuti lontano da una routine affettiva ritenuta quasi scontata, gli under 35 hanno riscoperto l’importanza di misurarsi con il mondo esterno, considerato non più accessorio, ma parte integrante di un’esistenza davvero completa. «Oltre alla ricerca di un nuovo equilibrio con me stessa, è stato fondamentale per tornare a vivere una vita davvero sana riuscire a confrontarmi di nuovo con gli altri», spiega Greta, studentessa di 19 anni, «me ne sono resa conto dopo aver rivisto per la prima volta dopo mesi i miei amici di sempre. Non ero più la stessa e confrontarmi con loro è stato fondamentale per capire cosa mi stesse succedendo», continua la giovane. Così nella ricerca Diritto al benessere di Open in collaborazione con Snello Rovagnati sull’idea di benessere nelle nuove generazioni, la socialità è emersa come strumento fondamentale per sentirsi davvero bene.
Le relazioni post pandemia, tra rapporti familiari più saldi e la capacità di prendersi cura
A spiegare la rinnovata percezione del benessere sociale tra le nuove generazioni anche l’Istituto superiore di sanità: secondo l’indagine pubblicata a febbraio 2023 condotta su 90mila giovani, un intervistato su due ha dichiarato di aver riscontrato effetti positivi nelle relazioni con la propria famiglia durante il periodo d’emergenza sanitaria. A questo proposito la Fondazione Veronesi fa invece riferimento ai risultati dell’ultima ricerca PYD (Positive Youth Development) che indaga sulle cosiddette “5 C”, le cinque competenze dello sviluppo positivo: Caring, Character, Confidence, Connection, Competence. La Generazione Z in Italia sente di possedere più di tutti la competenza del Caring e cioè del prendersi cura e del sapersi preoccupare per il proprio prossimo. Uno degli aspetti più affrontati anche nelle voci raccolte da Open: l’idea di sapersi mettere nei panni degli altri e di scegliere persone da avere accanto altrettanto empatiche è uno degli ingredienti principali scelti dagli under 35 per la definizione di rapporti sani e stabili. In ultima posizione invece la Competence, e cioè la consapevolezza di essere abili in attività sociali o cognitive. L’incertezza di essere di nuovo adatti a relazionarsi con il mondo da cui si è stati per molti mesi lontano ha provocato un abbassamento progressivo della fiducia nelle proprie capacità di far funzionare i rapporti.
La ricerca di relazioni “in salute”
Tra momenti di condivisione ritrovata e nuove consapevolezze, i giovani si interrogano su quale sia la definizione di relazione “sana”. La mancanza di giudizio e pregiudizio è uno degli ingredienti fondamentali elencati dai giovani intervistati, sempre più legati all’idea di rapporti sociali, in famiglia, amicizia o amore, che lascino la libertà di esprimersi senza paura. «La diversità tra i componenti del mio gruppo di amici è forse l’elemento che più ci unisce, quando mi rivolgo a loro so di avere una varietà di caratteri e personalità che mi completa e mi sostiene», spiega Teresa, 20 anni. E, a proposito d’aiuto, un’altra delle chiavi per sentirsi davvero bene con gli altri è secondo i giovani under 35 quella di riuscire a rappresentare un punto di riferimento. «Sto bene quando contribuisco al benessere delle persone che amo, quando riesco ad essere empatico con i momenti che stanno attraversando», racconta Luca, 27 anni. «Io stesso ho spesso vissuto momenti di difficoltà e lo strumento che mi è stato insegnato fin da subito in famiglia è stato quello di parlarne, esternare il più possibile sensazioni ed emozioni. Solo così fin dall’adolescenza ho imparato a vedere gli altri come strumento di salvezza».