Parte il Nato Innovation Fund per finanziare le startup (in cui decide anche Cingolani): come funziona

Il fondo avrà un budget complessivo di un miliardo di euro. L’Italia contribuirà per il 2023 con una quota di 7,65 milioni

Parte anche in Italia il Nato Innovation Fund (Nif), il fondo annunciato dall’Alleanza Atlantica per finanziare start-up tecnologiche, dall’intelligenza artificiale alle biotecnologie, da usare in modalità dual use, ovvero sia con finalità militari sia civili. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, di concerto con gli altri dicasteri interessati, ha firmato un decreto che ufficializza di fatto l’inizio del percorso anche in Italia. La cifra complessiva che i Paesi della Nato si sono impegnati a destinare al nuovo fondo è di 1 miliardo di euro. L’Italia, per il 2023, ha stanziato una quota di partecipazione di 7,65 milioni. Il fondo dell’Alleanza atlantica avrà sede ad Amsterdam e consentirà all’organizzazione militare di investire nel settore dell’innovazione tecnologica. «Questo progetto è unico al mondo per le sue caratteristiche – ha dichiarato lo scorso anno a Madrid il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg -. È l’unico esempio nascente di fondo di rischio multi-sovrano, con un portafoglio che arriverà a investire un miliardo di dollari in start-up nel giro di 15 anni».


Come funziona

Il nuovo strumento messo a punto dall’Alleanza Atlantica si somma al già operativo DIANA (Defense innovation accelerator for the North Atlantic), un programma di reclutamento delle migliori aziende che operano nel campo della robotica, delle biotecnologie, della cybersicurezza e delle tecnologie spaziali. La gran parte dei fondi di cui disporrà il Nif andrà proprio all’e aziende identificate da Diana e ritenute prioritarie dalla Nato. Il decreto ministeriale firmato in questi giorni da Crosetto ha l’obiettivo di «definire le linee di indirizzo e le modalità di gestione della partecipazione dell’Italia» al Nato Innovation Fund. Oltre a stanziare una cifra per l’anno in corso, il provvedimento rende il ministero della Difesa un vero e proprio soggetto investitore. Per quanto riguarda la gestione pratica dei lavori, Crosetto si impegna a nominare un soggetto incaricato di rappresentare l’Italia, che sarà scelto «fra dipendenti della pubblica amministrazione di adeguata professionalità». A prescindere da chi sarà il rappresentante per l’Italia, il nostro Paese può già vantare un connazionale nel board dei direttori che coordineranno le attività del fondo. Si tratta dell’ex ministro Roberto Cingolani, attuale amministratore delegato di Leonardo. Il predecessore di Gilberto Pichetto è stato scelto dall’Alleanza Atlantica per sedere per il lustro 2023-2028.


Il comitato tecnico

Accanto alla nomina del rappresentante per l’Italia, il governo si impegna a istituire un comitato tecnico nazionale, che riunirà gli altri ministeri coinvolti (Economia, Affari Esteri, Imprese e Made in Italy) ma anche «soggetti pubblici o privati operanti nel settore finanziario e della ricerca, il cui apporto sia ritenuto utile». Il comitato avrà sede operativa al ministero della Difesa, si riunirà almeno due volte all’anno e avrà i seguenti compiti: definire le linee di indirizzo per la partecipazione italiano al fondo Nato, formulare proposte da esprimere in occasione di ogni riunione dei paesi investitori, svolgere attività di supporto in favore del rappresentante per l’Italia, promuovere iniziative informative e divulgative in favore del Fondo. I componenti del comitato tecnico nazionale, si precisa nel decreto di Crosetto, «non percepiscono alcun emolumento, né alcuna indennità, né alcun gettone, né qualsiasi compenso comunque denominato». Per quanto riguarda la consulenza legale e finanziaria, il ministero può decidere di affidarsi a un operatore privato specializzato. In questo caso, il compenso per il servizio «non può comunque eccedere il limite dell’1% della quota di partecipazione nazionale al Fondo Nato».

Credits foto: EPA/Olivier Matthys | Il quartier generale della Nato a Bruxelles, in Belgio

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