Entro fine anno l’Italia riaprirà le miniere per estrarre le materie prime critiche, ossia tutti quei metalli e altri materiali considerati fondamentali per la transizione energetica. Ad annunciarlo è il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso, che questa mattina ha parlato a margine della presentazione a Roma del nuovo think tank dell’Università Luiss sui temi europei. «Penso che entro fine anno tutto il quadro sarà chiaro: la normativa europea, quella italiana e le potenzialità del nostro territorio. A quel punto le imprese potranno presentare i loro progetti», ha precisato Urso. Nei mesi scorsi, il suo ministero e quello guidato da Gilberto Pichetto hanno avviato un tavolo di lavoro per mappare il sottosuolo italiano. Dai primi risultati, pare che il nostro Paese nasconda 16 delle 34 materie prime considerate «critiche» dall’Unione Europea. Si va dal litio dei Campi Flegrei, in Campania, al cobalto di Punta Corna, in Piemonte. Ma anche il rame della Liguria, lo zinco di Bergamo o le terre rare della Sardegna. Il fondo istituito dal governo per tutti questi progetti ha una dotazione di un miliardo di euro e ha l’obiettivo di iniziare a raccogliere le manifestazioni di interesse anche di investitori esteri.
La strategia del governo
L’ultimo aggiornamento delle mappe dei siti di estrazione in Italia risale ad oltre 30 anni fa. Ma il potenziale di materie prime critiche presenti nel sottosuolo italiano, ha aggiunto Urso in audizione al Senato, è tutt’altro che trascurabile. «Al momento l’Italia non ha attività mineraria. Occorre investire e riattivare queste potenzialità. La proposta di regolamento comunitario ci chiede di riaprire le miniere e di compiere uno sforzo interno di investimenti, con il recupero di capacità tecnologica. Si tratta di una sfida e al tempo stesso di un’opportunità». Per sfruttare il potenziale minerario italiano e non perdere il treno della transizione energetica, il governo sta puntando soprattutto sulla semplificazione burocratica e lo snellimento degli iter autorizzativi. «Sui progetti ci sarà un limite di 2 anni per le autorizzazioni all’estrazione e di 1 anno per la raffinazione. Oggi ci vogliono 15 anni in Europa per avere l’autorizzazione a estrarre da una miniera, a fronte di 7 anni negli Stati Uniti, 2 in Canada e 3 mesi in Cina», ha precisato Urso.
L’importanza del riciclo
Assieme all’aumento delle estrazioni, l’Unione Europea ha indicato altre due vie: stringere nuove partnership con i principali Paesi produttori e investire sul riciclo. Per quanto riguarda il primo punto, la Commissione Ue ha lanciato una serie di iniziative, tra cui il Global Gateway, per assicurarsi l’approvvigionamento delle materie prime necessarie. Ma è sul riciclo che il governo italiano sta pensando di concentrare buona parte della propria strategia. «Il nostro obiettivo è rendere l’Italia il Paese leader in Europa nel riciclo di materie prime critiche. Possiamo farlo raggiungendo l’obiettivo del 20% di riciclo entro 2030», ha commentato Urso. Secondo le stime del governo, nel 2040 il riciclo potrebbe arrivare a soddisfare quasi un terzo del fabbisogno italiano di quei 34 materiali indispensabili per la transizione energetica. E questo, insieme alla riapertura di alcune miniere, potrebbe rivelarsi fondamentali per evitare di alimentare future dipendenze dall’estero.
Foto di copertina: ANSA/Fabio Cimaglia | Il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso
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