Fondi della Regione, mancanza di personale e crollo della natalità: cosa c’è dietro le chiusure dei reparti di maternità – L’inchiesta

Il reparto di Ostetricia, Ginecologia e Neonatologia del Cristo Re di Roma ha rischiato di chiudere, tra non poche polemiche, per poi fare un passo indietro a seguito della minaccia della Regione di tagliargli i finanziamenti. La prima puntata dell’inchiesta di Open

Incentivare la natalità delle famiglie italiane è considerata dal governo Meloni una questione centrale e prioritaria. Un passaggio che si traduce in interventi diretti alle famiglie, ma anche negli aiuti alle imprese, nella spinta all’empowerment femminile e ai finanziamenti alle strutture ospedaliere. Su quest’ultimo punto di recente è scoppiato il caso dell’ospedale Cristo Re di Roma. Una struttura in mano all’ente ecclesiastico Congregazione delle Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario fino al 2014; anno in cui è passata sotto la proprietà di una società privata specializzata in servizi sanitari, il Gruppo GIOMI Spa, a seguito di una crisi finanziaria. Il presidente Emmanuel Miraglia a giugno ha annunciato un’imminente chiusura del reparto di Ostetricia, Ginecologia e Neonatologia del Cristo Re, da sempre considerato uno dei migliori nel panorama italiano.


Non solo il Cristo Re

Il Cristo Re non è un caso isolato. Basta pensare alla chiusura del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Camberlingo di Francavilla Fontana (Brindisi) per la mancanza di dipendenti, alla sospensione del punto nascite dell’ospedale Mirandola di Modena a causa della carenza di personale e dei costi elevati nell’affidamento a prestazioni esterne o ancora alla chiusura del reparto maternità dell’Ospedale San Paolo di Savona e di quello dell’Aurelia Hospital a Roma.


Perché chiudono i reparti di maternità

Sono molteplici le motivazioni dietro la chiusura dei reparti di maternità. Nel caso più recente del Cristo Re, stando a quanto dichiarato pubblicamente da Miraglia, sarebbero prevalentemente demografici. In quell’ospedale sono circa 1.200 i parti registrati ogni anno. Una cifra, secondo il Gruppo GIOMI, che è destinata a diminuire progressivamente. E che sembra trovare conferma nei recenti indicatori demografici dell’Istat che hanno rilevato come in Italia la natalità sia al minimo storico. Una motivazione che non convince Barbara Francavilla, segretaria nazionale di Fp-Cgil, che spiega a Open come dietro ci sia una «logica remunerativa e aziendale», soprattutto perché «l’Oms stabilisce che non si considerano reparti di maternità sicuri quelli che fanno sotto i 500 parti, ma non è il caso del Cristo Re».

Parti cesarei e tradizionali

Un’opzione che conferma a Open anche un fonte interna del Cristo Re, che spiega come una delle problematiche risieda nella differenza tra i parti cesarei e quelli tradizionali. Questi ultimi non essendo prevedibili, non permettono di sapere in anticipo quanto personale e macchinari siano necessari. Differenza che sottolinea anche Francavilla: «Ad esempio, neonatologia non è in tutti i reparti che si occupano di maternità, così come la terapia intensiva». Senza contare che gli stipendi variano da regione a regione e sono molti i medici che decidono di partire e svolgere prestazioni in altre città dove la paga e i servizi offerti sono migliori.

Il budget per la maternità che ha fatto cambiare idea sul Cristo Re

L’annuncio della chiusura del reparto del Cristo Re, nelle scorse settimane, ha provocato l’ira di tante mamme – che hanno deciso di lanciare una petizione – e del presidente della regione Lazio, Francesco Rocca, che ha fatto fare retromarcia al gruppo Giomi. «Non siamo padroni di governare le scelte imprenditoriali delle aziende private, tuttavia in materia di sanità determinate scelte vanno discusse con il sottoscritto che ha la responsabilità della programmazione sanitaria regionale. Quel che è certo è che il gruppo imprenditoriale alla guida del Cristo Re non solo si vedrà tolto il budget per la maternità, ma non avrà un solo euro in più». Sono queste le parole del presidente Rocca che nelle scorse settimane hanno fatto sì che il reparto di Ostetricia del Cristo Re non chiudesse i battenti. Ma di quale budget parlava? Come funziona il sistema di finanziamento dei reparti?

I Drg, come funziona il sistema di finanziamento

Il sistema sanitario nazionale si avvale di strutture private accreditate che svolgono lavoro per il servizio pubblico, sulla base di determinati indicatori, come ad esempio la tipologia di composizione della popolazione. In base alla tipologia di ricovero o di intervento che la struttura ha svolto sul paziente, ci sono degli indicatori che stabiliscono il Drg (raggruppamento omogeneo di diagnosi), ovvero il sistema che permette di classificare i pazienti dimessi da un ospedale – sia pubblico che privato – per assorbimento di risorse impegnate, e quindi quantificare quanto la Regione paga per quei ricoveri. «I Drg – spiega la segretaria di Fp Cgil – vengono definiti a livello nazionale dal Ministero della Salute, poi ogni regione stabilisce le proprie regole e i propri requisiti organizzativi. E questo è un problema perché, ad esempio, per uno stesso problema di salute non è detto che in due regioni diverse ci si ritrovi di fronte alla stessa tipologia di assistenza. Tutto questo anche se il diritto alla salute dovrebbe essere universale e garantito in egual misura».

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