I giornalisti di Repubblica si smarcano da Alain Elkann, la strigliata di Sgarbi: «Classista? Ignoranti: ha detto la verità e lo censurate»

Il sottosegretario alla Cultura difende lo scrittore per il suo racconto tra i giovani “lanzichenecchi” sul treno Roma-Foggia. E attacca i giornalisti di Repubblica che prendono le distanze, ricordando loro che quel tipo di «genere letterario» lo usava anche il loro fondatore, Eugenio Scalfari

Ha scatenato un certo subbuglio nella redazione di Repubblica l’articolo dello scrittore Alain Elkann, padre dell’editore del quotidiano John, che ha raccontato del profondo disagio vissuto a bordo di un treno che lo portava da Roma a Foggia. Elkann si è definito vittima di quelli che ha chiamato “lanzichenecchi”, a proposito di ragazzi particolarmente chiassosi, pieni di tatuaggi, che non contenti del chiasso si sarebbero anche messi a gareggiare tra chi avesse conquistato più ragazze. Tutto questo nonostante il posto in prima classe, con l’autore vestito di lino blu, mentre quei giovinastri indossavano quasi tutti una t-shirt e pantaloncini corti. Un articolo ospitato tra le pagine culturali che ha scatenato la reazione del Comitato di redazione di Repubblica con un’email ai colleghi, riportata da il Fatto Quotidiano, per prendere nettamente le distanze da quell’articolo: «Questa mattina la redazione ha letto con grande perplessità un racconto pubblicato sulle pagine della Cultura del nostro giornale, a firma del padre dell’editore. Considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale “identitaro” vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti contenuti nello scritto. Per i quali peraltro siamo oggetto di una valanga di commenti critici sui social che dequalificano il lavoro di tutte e tutti noi, imperniato su passione, impegno e uno sforzo di umiltà».


L’attacco di Sgarbi

Quella presa di distanze non è andata giù a Vittorio Sgarbi, tra i primi a difendere lo scrittore e attaccare i giornalisti di Repubblica che con la loro dissociazione compiono, secondo il sottosegretario alla Cultura, «una grottesca forma di censura», dando loro di fatto anche degli ignoranti. «Uno scrittore esprime malumore», scrive Sgarbi in una chat del ministero della Cultura in cui spiega come nessuno si sia preoccupato invece «del malumore di tanti» a bordo di quel treno per il «turpiloquio, il linguaggio privo di inibizioni, con le riflessioni sessiste dei giovani che parlano di cercare ragazze». A fronte di quella situazione, continua sarcastico Sgarbi: «Adesso è legittimo. Non sono sessisti. Hanno ragione loro ed Elkann è classista. Improvvisamente le parolacce vanno bene». Sgarbi poi aggiunge in difesa di Elkann che secondo lui «ha fatto letteratura. Mai letto Léautaud, Ceronetti, Delfini, Tito Balestra, Testori, il sillabario di Parise? Il malumore è un genere letterario», incalza il critico d’arte, che ricorda ai giornalisti di Repubblica come quel genere «lo praticava su Repubblica Eugenio Scalfari, all’insaputa dei giornalisti di Repubblica. La cosa grave è la censura moralistica a uno scrittore – attacca ancora Sgarbi – Elkann ha detto la verità e ha raccontato il suo legittimo disagio. La dissociazione dei giornalisti è una grottesca forma di censura».


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