Mara Maionchi a Belve, la frecciata velenosa a Tiziano Ferro sulla riconoscenza: «L’abbiamo aiutato, poi…» – Il video

La produttrice discografica, nell’intervista di Francesca Fagnani, parla anche del rapporto difficile con la madre e con il gioco d’azzardo: «Esageravo, non so dire se ho una dipendenza»

Il difficile rapporto con la madre, il tradimento del marito, la passione per il gioco d’azzardo e qualche artista un po’ ingrato. Mara Maionchi, discografica italiana e personaggio televisivo, è ospite di Francesca Fagnani nell’ultima puntata stagionale di Belve, racconta episodi importanti della sua vita privata e professionale. A partire da quella distanza di affetti con la madre, incapace di dimostrarle amore. «Mamma era strana, non era una donna affettuosa, però è stata molto forte», confessa al programma di Rai2, «qualcosa mi è mancato, l’ho sollecitata tutta la vita a darmelo l’affetto, un abbraccio, una cosa… ma lei non ce l’aveva. E l’ho capito dopo. Ognuno è come è». Una donna complicata che non andò neanche al suo matrimonio: «Mi mettono tristezza, mi disse». Sposata dal 1976 con il paroliere e produttore discografico Alberto Salerno, molti anni fa Maionchi scoprì il tradimento del marito, trovando una ricevuta d’albergo nella tasca dei pantaloni. «Devo ammettere che in parte è stata anche colpa mia se ha cercato qualcosa fuori», riflette oggi, «sessualmente sono un po’ modesta, non sono proprio portata per le luci rosse. Ho sempre l’abat-jour». Come è il suo carattere, tra il serio e l’ironico, Maionchi viene poi incalzata da Fagnani sulla sua carriera. La conduttrice le chiede chi, tra i tanti artisti incontrati sul suo percorso, è stato un po’ ingrato e non le ha riconosciuto un ruolo nel suo successo. «Tiziano Ferro», ammette con qualche reticenza, «non ha pensato che sia io che mio marito l’abbiamo aiutato ad essere quello che alla fine, in parte, è. Ma questo non è importante, non è un obbligo avere riconoscenza». C’è infine un altro capitolo che affronta durante l’intervista, quello della ludopatia. «Non so dire se ho una dipendenza» con il gioco d’azzardo, «però mi piace». E racconta poi di quando inviò una lettera ai casino in Italia e Svizzera chiedendo di non ammetterla più ai tavoli: «Mi sono fatta sospendere, esageravo. Quello era un modo per difendersi».


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