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I Beatles e gli eredi di John Lennon faranno soldi con Now and Then. Ma l’intelligenza artificiale nella musica terremota i diritti d’autore

L'uso dell'intelligenza artificiale nella musica solleva questioni rilevanti in tema di copyright e diritti connessi

Il prossimo 2 novembre sarà pubblicata Now and Then, l’ultima canzone scritta e cantata da John Lennon. Now and then non è la prima canzone dei Beatles pubblicata dopo la morte di Lennon. Negli ultimi decenni, infatti, come in un cerchio dell’eterno ritorno, sono stati pubblicati vari inediti dei Fab Four, come Free As A Bird e Real Love, singoli lanciati rispettivamente nel 1995 e 1996. Now and then, registrata alla fine degli anni Settanta, è rimasta inedita per le difficoltà di isolare il suono della voce di John Lennon da quello del piano.

Oggi, grazie ad un sistema di intelligenza artificiale (o AI: Artificial Intelligence), è stato possibile estrarre la voce di Lennon dalla demo e aggiungere la chitarra elettrica e acustica di Harrison registrata nel 1995. L’anno scorso la canzone è stata completata con la batteria di Ringo Starr, il piano e il basso di Paul McCartney e la voce di entrambi. A seguito dell’annuncio della pubblicazione della canzone, molti si sono chiesti se la voce fosse effettivamente quella di Lennon o se sia stata sintetizzata ad hoc dall’intelligenza artificiale elaborando precedenti interpretazioni dell’artista. Stando a quanto è stato dichiarato da Paul McCartney, Now and Then non conterrebbe nulla di “artificiale”: una traccia audio già esistente sarebbe stata solo migliorata sfruttando l’AI. Del resto, non stupirebbe il contrario, considerato l’impiego già diffusissimo dell’intelligenza artificiale generativa nel mondo musicale, dalla costruzione di playlist, dei c.d. mood, agli smart speaker, che oggi sono il più evidente esempio di utilizzo di sistemi di machine learning nella musica.

L’utilizzo di sistemi di AI generativa nella musica pone questioni rilevanti che riguardano innanzitutto la legittimità del training dei sistemi di AI attraverso la messa a disposizione di opere musicali protette dal diritto d’autore o da diritti connessi (i diritti del produttore fonografico o degli artisti interpreti ed esecutori) sia la titolarità dei diritti relativi all’output realizzato grazie all’AI.

È solo di qualche giorno fa la notizia che negli Stati Uniti Universal ha fatto causa ad Antropic, una società che commercializza Claude 2, un sistema di intelligenza artificiale simile a ChatGPT, per violazione del copyright. Molti algoritmi di AI sono infatti addestrati attingendo a database contenenti un’enorme quantità di dati, che vengono riversati e ricombinati per dare vita a nuove composizioni sulla base degli input ricevuti dagli utilizzatori, senza però l’autorizzazione dei titolari dei diritti. Secondo quanto affermato da Universal, Claude II sarebbe stata addestrata utilizzando opere di Universal senza licenza. Prova sarebbe il fatto che Claude II, richiesta di elaborare testi di canzoni con determinate parole chiave, avrebbe sviluppato testi praticamente identici a canzoni come I will survive di Gloria Gaynor e Roar di Katy Perry.

C’è poi il tema, estremamente rilevante, della attribuzione dei diritti sulle creazioni generate dai sistemi di AI. Il diritto d’autore protegge infatti le opere dell’ingegno che siano espressione della personalità di un autore persona fisica. Lo stesso dicasi per le elaborazioni di un’opera originaria, le cd. opere derivate, la cui realizzazione, peraltro, richiede sempre il consenso dell’autore dell’opera originaria. Nel caso di Now and Then, è probabile che le dovute autorizzazioni per utilizzare e rielaborare la registrazione originaria siano state ottenute e che siano stati sottoscritti contratti per regolarne l’uso. Se il contributo dell’AI alla realizzazione della musica è effettivamente modesto (nel senso che il sistema di AI si è limitato a consentire la dissociazione della voce di John Lennon e dell’elemento strumentale, e l’associazione con voci e strumenti degli altri componenti della band) la nuova opera sarà proteggibile attraverso il diritto d’autore e, molto probabilmente, i credits verranno attribuiti anche a John Lennon sia come autore sia come performer. Diverso è il caso delle creazioni dell’AI in cui la componente umana è inesistente o minima. Nel nostro sistema, infatti, non c’è spazio per attribuire diritti d’autore né alle creazioni originali dell’AI, né alle elaborazioni di creazioni umane realizzate dalla (sola) AI.

Si tratta di casi tutt’altro che teorici: è infatti sempre più in crescita l’uso dei sistemi AI per “appropriarsi” delle voci di cantanti e lanciare ex novo canzoni integralmente realizzate dall’AI. In particolare, si sono già verificati casi di canzoni inedite pubblicate (e successivamente rimosse) sulle maggiori piattaforme di streaming, che riproducevano le voci di cantanti famosi, tra cui Drake e The Weekend, senza che questi artisti ne fossero a conoscenza: si trattava di prodotti dell’AI. Anche a prescindere da questi casi estremi, si pone poi il tema della tutela della buona fede del pubblico, che in questi casi potrebbe non essere in grado di discernere fra creazioni artificiali e creazioni “umane”.

Al fine di prevenire un uso “abusivo” dei sistemi di AI, oltre a implementare sistemi di verifica dei consensi all’uso di voci e opere protette, potrebbero essere introdotti metodi per segnalare agli ascoltatori che un determinato brano o album è stato realizzato grazie all’impiego di AI, come già avviene per alcune immagini pubblicate sui profili social gestiti da Meta, che sono accompagnate dall’hashtag “ImaginedWithAI”. Ciò consentirebbe un consumo più consapevole da parte degli ascoltatori, che si troverebbero nella condizione di distinguere le opere originali di autori tradizionali e quelle “artificiali” realizzate tramite nuove tecnologie.

Articolo di Roberto Valenti, Lara Mastrangelo e Chiara D’Onofrio

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