La scoperta inquietante a Pompei: dagli scavi emerge un panificio-prigione dove venivano sfruttati gli schiavi – Le foto

Le nuove scoperte degli archeologi permettono di conoscere e descrivere meglio il funzionamento pratico dell’impianto produttivo di Pompei

Un’altra straordinaria scoperta nella città antica di Pompei. Nella Regio IX, insula 10, dove sono in corso numerosi scavi è stato scoperto una sorta di panificio-prigione, dove vi erano schiavi e asini sfruttati per macinare il grano per il pane. Uno spazio angusto con solo piccole finestre, dotate di grate di ferro, e privo di altre porte e comunicazioni con l’esterno. L’unica uscita dà sull’atrio. La struttura è suddivisa in settori: una parte residenziale con affreschi di IV stile e un quartiere produttivo per la panificazione. Risulta essere in corso di ristrutturazione, ma al tempo stesso abitata. Nei mesi scorsi erano emerse tre vittime. Quanto agli schiavi, la loro esistenza e condizione è testimoniata anche dallo scrittore Apuleio del II secolo d.C. Le nuove scoperte degli archeologi permettono di conoscere e descrivere meglio il funzionamento pratico dell’impianto produttivo che caratterizzava l’attuale parco archeologico.


ANSA | Scoperte parco archeologico di Pompei

Violenza e spazi angusti

«Si tratta di uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento», spiega il direttore Gabriel Zuchtriegel in riferimento alle recenti scoperte a Pompei. «È il lato più sconvolgente della schiavitù antica, quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza, impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro», aggiunge in un articolo scientifico pubblicato sull’E-Journal degli scavi di Pompei.


ANSA | Scoperte parco archeologico di Pompei

Le fonti iconografiche e letterarie

«Le fonti iconografiche e letterarie, in particolare i rilievi della tomba di Eurysaces a Roma, suggeriscono che di norma una macina fosse movimentata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. Quest’ultimo, oltre a spingere la mola, aveva il compito di incitare l’animale e monitorare il processo di macinatura, aggiungere del grano e prelevare la farina», prosegue l’esperto. «In ultima analisi – aggiunge il direttore – sono spazi come questo che ci aiutano anche a capire perché c’era chi riteneva necessario cambiare quel mondo e perché negli stessi anni un membro di un piccolo gruppo religioso di nome Paolo, poi santificato, scrive che è meglio essere tutti servi, douloi che vuol dire schiavi, ma non di un padrone terrestre, bensì di uno celeste».

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