Non passa la mozione di sfiducia a Santanchè. E Italia Viva vota con la maggioranza

Il testo che chiedeva le dimissioni della ministra del Turismo ottiene 213 voti contrari e 121 a favore

Assente Matteo Salvini ieri, mentre la maggioranza di centrodestra gli garantiva il “no” alla sfiducia, assente Daniela Santanchè oggi, quando tocca alla ministra del Turismo salvarsi dalla mozione presentata dal Movimento 5 stelle. Il 4 aprile, la Camera dei Deputati deve decidere se, come si legge nel testo, le inchieste giornalistiche e giudiziarie «minano fortemente la credibilità della ministra e pongono un grave pregiudizio sulle sue capacità di svolgere le delicate funzioni alle quali è chiamata, nonché sull’opportunità della sua permanenza a ricoprire una carica governativa di primo piano». L’Aula, intorno a mezzogiorno, conclude le operazioni di voto nominale. La ministra Santanchè è salva: 213 voti contrari alla sfiducia, su 334 votanti. I favorevoli alla mozione sono 121, gli astenuti 3. «Il mio stato d’animo è uguale a quello di ieri, a quello di una settimana fa e a quello di un mese fa. Sono assolutamente tranquilla, sono a fare il mio lavoro anche qua oggi, come ieri e come farò domani. Il Parlamento credo che in una democrazia sia sovrano, il voto mi sembra molto chiaro, per cui sono assolutamente non direi serena, ma molto tranquilla». Lo dichiara la ministra del Turismo, a Napoli per un evento, subito dopo la chiusura della votazione.


ANSA/FABIO FRUSTACI | Il tabellone con il risultato del voto sulla mozione di sfiducia nei confronti della ministra del Turismo, Daniela Santanchè, Camera dei Deputati, Roma 4 aprile 2024

Il recap della discussione

Puntuale, alle 9.30, inizia la discussione. Il primo iscritto in dichiarazione di voto è Roberto Giachetti. Che si rivolge ironicamente a Santanchè: «Signora ministra che non c’è». E poi ironizza: «Sarebbe stato divertente vedere The Queen of Resignation, la regina delle richieste di dimissioni, sul banco degli imputati, visto che in passato la deputata Santanchè ha presentato diverse richieste di dimissioni in quest’Aula». Se ne contano una ventina di richieste di dimissioni, ricorda il deputato di Italia Viva, avanzate nei confronti, tra gli altri, di «Speranza, Di Maio, Azzolina e Boschi che non era neanche indagata ed è venuta in aula e ha preso la parola, perché c’è anche un certo stile da tenere in determinate condizioni. Sarebbe divertente vedere chi ha chiesto le dimissioni di un’infinità di ministri chiedere ala Camera di votare contro le sue».


Il “no” di Italia Viva alla sfiducia

ANSA/FABIO FRUSTACI | Roberto Giachetti

Giachetti fa un ragionamento sul garantismo: «La mozione del M5s si basa su inchieste giornalistiche che non hanno nulla a che vedere con il merito dell’attività della ministra Santanchè». E, annunciando il voto contrario dei renziani alla mozione di sfiducia, rivendica: «Noi di Italia Viva siamo gli unici che in ogni occasione applichiamo davvero la Costituzione e il principio del garantismo e lo facciamo con gli altri, perché per essere credibili bisogna esserlo innanzitutto con gli avversari». Dopo Giachetti, per le opposizioni, prende parola Marco Grimaldi. Il deputato di Alleanza verdi sinistra esordisce rivolgendosi ai banchi del centrodestra: «Fa piacere che facciate quadrato e vi sentiate più uniti, ma il problema è di chi vi fidate e per cosa vi unite. Non c’è nessuna santa inquisizione, si tratta di tutelare la dignità delle istituzioni» ed è la ragione per cui servirebbe «un passo indietro» di Santanchè.

Le accuse di Alleanza verdi sinistra

ANSA/ANGELO CARCONI | Marco Grimaldi

Grimaldi ritiene «inquietante serrare i ranghi» contro il principio della «dignità delle istituzioni». E ricorda che la questione della ministra del governo Meloni tocca «il denaro, il fisco, l’Inps e l’Agenzie delle entrate, risorse pubbliche di tutti noi». Una vicenda, rincara, «emblematica di una piaga del Paese: la diffusa convinzione che le tasse siano ostacolo a lasciar fare chi vuole fare». Il deputato definisce quanto avvenuto «una frode di classe» e sostiene che siamo in presenza di «due cose gravissime». La prima, secondo Grimaldi, è che «la ministra ha mentito nell’Aula del senato e di fronte al Paese». La seconda: «Non ha pronunciato parole di scuse verso i suoi dipendenti». Il deputato riassume le motivazioni per cui Alleanza verdi sinistra vota “sì” alla fiducia spiegando che non si tratta delle indagini in corso sulla ministra, ma «del disprezzo verso chi lavora nelle sue azienda». E conclude: «Noi oggi sfiduciamo Santanchè, “ministra che non c’è”, non ci rappresenta!».

Azione: «La ministra ha mentito due volte al Senato. Basta questo per le dimissioni»

CAMERA DEI DEPUTATI | Fabrizio Benzoni

Fabrizio Benzoni interviene per Azione. A differenza dei suoi ex compagni di gruppo parlamentare – i deputati di Italia Viva – rivendica i motivi del voto favorevole alla sfiducia: «Al momento Santanchè, che non è in Aula, non è colpevole. Ma la questione che la riguarda è di opportunità politica. Come può la ministra del Turismo vestirsi il lunedì da ministra e andare al ministero e il martedì vestirsi da imprenditrice e andare a gestire le sue aziende per le quali viene accusata di truffare lo Stato? Come può andare in giro per il mondo una così? E poi la cosa più grave è che la ministra ha mentito per ben due volte al Senato. E basterebbe questo per chiederne le dimissioni». Le due menzogne richiamate da Benzoni riguardano le dichiarazioni fatte da Santanchè in cui sosteneva di avere solo delle partecipazioni irrisorie nelle società al centro delle indagini e «ancora più grave», quando aveva garantito di aver risarcito i suoi dipendenti. Che in realtà, afferma il deputato, sarebbero stati risarciti con le risorse dello Stato attinte «dal Fondo di garanzia per il Tfr». Benzoni conclude ricordando le molteplici richieste di dimissioni arrivate proprio da Santanchè, in passato, «per questioni meno gravi», e le chiede di mostrare «coerenza».

Silvestri, M5s: «Non vedo Santanchè sui banchi del governo. Spero sia un presagio»

ANSA/ETTORE FERRARI | Francesco Silvestri

Il firmatario della mozione, Francesco Silvestri, capogruppo del M5s, inizia augurandosi che l’assenza di Santanchè tra i banchi del governo «sia un presagio». Poi torna ai giorni successivi alle elezioni del 25 settembre 2022: «Il punto vero è politico. Santanchè non doveva essere ministra per la marea di conflitti di interesse che ha. Il governo l’ha nominata per competenza? Spero di no. Per capacità manageriali? Quello che tocca diventa debito». E poi chiama in causa Guido Crosetto: «Sarebbe come nominare ministro della Difesa una persona che vende armi. Ah già, è successo». Per Silvestri, «Santanchè è piena di conflitti di interesse». Ricorda la compravendita di della villa di Alberoni, affare milionario dei partner di Santanchè e Ignazio La Russa, e «l’utilizzo indebito di fondi Covid durante la pandemia, togliendo risorse ai cittadini». E conclude ricordando a chi dice che la mozione di sfiducia è «un atto di debolezza delle opposizioni», che «Santanchè ne ha votate 18, siamo nell’ipocrisia più totale. C’è una cosa che gli italiani non tollerano: è l’arroganza del potere».

Braga, Pd: «La ministra ha mentito in maniera spudorata al Parlamento e al Paese»

ANSA/FABIO FRUSTACI | Chiara Braga ed Elly Schlein

Chiara Braga inizia il suo intervento con una lista di vicende che hanno coinvolto i ministri di altri Paesi europei: «Una tesi di laurea copiata, una vacanza nel bel mezzo di un’alluvione, una colf assunta in nero, un comportamento aggressivo nei confronti dei propri collaboratori. Questo è un elenco sommario di casi relativi a ministri di avanzate democrazie europee, che hanno rassegnato le dimissioni per aver commesso una leggerezza. Ovunque, tranne che in Italia, chi commette una leggerezza lascia». Arrivando al caso Santanchè, la capogruppo del Partito democratico afferma: «Quando una ministra mente in maniera spudorata al Parlamento e al Paese, quando una ministra è motivatamente accusata di truffa aggravata ai danni dello Stato, non è più solo una questione di opportunità, in questo caso è urgente che lasci il suo incarico. Daniela Santanchè deve lasciare il ministero per proteggere le istituzioni, prima ancora che se stessa». Braga, annuncia il “sì” alla sfiducia asserendo che è venuto meno il rapporto di fiducia tra l’istituzione parlamentare e un membro del governo. E riserva un attacco anche a Giorgia Meloni: «La presidente del Consiglio è costretta a schivare il coinvolgimento di più di un componente del suo governo in questioni giudiziarie – e in questo caso specifico, conclude – bisogna impedire che le istituzioni siano coinvolte in una vicenda in cui si accusa una ministra di aver sottratto finanziamenti pubblici».

La difesa di FdI: «Mozione faziosa, attenti a non confondere la politica con la giustizia penale»

ANSA/GIUSEPPE LAMI | Tommaso Foti

Fratelli d’Italia schiera il suo capogruppo per imbastire la difesa della ministra, iscritta al partito meloniano. Ma prima di affrontare la questione, Tommaso Foti sceglie di rievocare le recenti circostanze salite alle cronache da Bari: «Io non chiedo l’informativa di qualche ministro per quanto sta accadendo nella Regione Puglia, né chiedo le dimissioni del presidente della Regione». Riflette sulla mozione presentata ai danni di Santanchè: «È scritta sotto il profilo di una mancata conoscenza giuridica. Bisogna stare attenti a non confondere la politica con la giustizia penale – per cui – chiedo ai colleghi delle opposizioni, invece di dare testate contro il muro che la maggioranza è costretta ad alzare, di usare la testa, altrimenti resterete all’opposizione per i prossimi 30 anni». Foti cita il caso di Chiara Appendino, condannata in primo grado per omicidio colposo. Un uso «alternato» delle richieste di dimissioni, dunque, che adopererebbe il centrosinistra: «Va bene se lo si deve applicare alla destra e non va bene se lo si deve applicare alla sinistra, vale per Santanchè indagata e non per Appendino condannata». Il capogruppo di FdI, a sostegno della tesi di faziosità della mozione, chiosa: «I fatti di cui oggi si parla e di cui parla la mozione non hanno nulla a che fare con la posizione di ministra. Lo dimostra un fatto inequivocabile: la procura competente è e rimarrà quella di Milano, non il tribunale dei ministri».

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