Piero Fassino e la denuncia per tentato furto all’aeroporto di Fiumicino: il video che smentisce la sua versione

Il deputato Pd sostiene di essere stato fermato nel negozio. Le immagini dicono altro: «Si apparta in un angolino, non ha il telefonino»

Chissà se è il caso di chiamarlo Fassino-Gate. Di certo il minuto e mezzo ricavato dalle videocamere di sorveglianza smentisce la versione del deputato Piero Fassino sulla strana storia del furto di un profumo all’aeroporto di Fiumicino. C’è anche un precedente: il 5 maggio 2014 l’allora sindaco di Torino aveva negato di aver mostrato il dito medio ai tifosi il dito medio. Poi proprio un filmato lo smentì. Di certo la memoria delle telecamere del duty free 25 del Terminal 1 lo immortala la mattina del 15 aprile alle 10,30. Il profumo che aveva in tasca era Chance di Chanel, che su internet si trova a prezzi che vanno dai 69 ai 164 euro. Nell’area del Leonardo da Vinci il prezzo era di 100. Proprio la visione delle immagini ha convinto i responsabili del negozio a denunciare.


L’indagine

Per questo ora la procura di Roma ha aperto un’inchiesta sulla vicenda. La delega delle indagini è alla polizia giudiziaria. Fassino era a Fiumicino in attesa del suo volo per Strasburgo. È a capo del comitato Medio Oriente e proprio quel giorno doveva presiedere i lavori dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. L’europarlamentare ha fornito al Fatto Quotidiano, che ieri ha parlato per primo della vicenda, una versione peculiare. Ha preso il profumo perché voleva fare un regalo alla moglie. Poi ha ricevuto una telefonata e «visto che non ho ancora tre mani» ha risposto e lasciato scivolare la confezione nella tasca del giaccone «in attesa così di andare alle casse». Ma a quel punto, sempre secondo la versione di Fassino, un vigilantes l’ha fermato mentre era ancora dentro il negozio ed è finito nei guai. Il problema, però, è che le telecamere dicono tutt’altro.


La verità di Fassino e quella dei filmati

Una fonte accreditata che ha potuto vedere il video lo descrive così con Repubblica: «Si vede il deputato entrare diretto allo stand dei profumi per donna, trascina un trolley, ha un giaccone scuro. Prende una confezione di Chanel Chance da 100 ml». Ma non finisce qui. Sempre secondo la fonte poi Fassino «alza gli occhi in direzione delle telecamere, si guarda attorno, si apparta in un angolino e infila il profumo dentro una tasca del giaccone. Esce dal duty free senza acquistare nulla e viene avvicinato da un addetto alla vigilanza privata». Se la descrizione è vera, non è impossibile capire come mai i responsabili del negozio non abbiano creduto alla versione del deputato. Anche perché il filmato lo smentisce anche nei dettagli decisivi.

Il telefono no

Fassino infatti non prende il telefono nei filmati: «Nel video non c’è il telefonino all’orecchio del parlamentare», specifica ancora la fonte. E quando si ipotizza che abbia le cuffie, la risposta è: «Dal video non si vedono». E la versione viene smentita anche in un altro punto che appare decisivo: Fassino dice che si stava avvicinando alle casse quando è stato fermato. «Nelle immagini si vede andare via, fuori dal duty free. Non c’è l’antitaccheggio perché l’area è sorvegliata con le telecamere. Per questo il personale della sicurezza è intervenuto». La denuncia è stata fatta per tentato furto e non per furto perché c’è una sentenza della Cassazione che specifica che il delitto non può dirsi consumato se si è ancora sotto la sorveglianza degli addetti. Come nel caso di Fassino.

La sofferenza del deputato

Intervistato da Rtl 102.5 ha ripetuto la sua versione: «Non sto bene, non vivo bene questa vicenda, che mi suscita disagio e molto malessere. È tutto frutto di un equivoco, di un malinteso che spero si chiarisca. È un episodio che mi mette profondamente a disagio. In vita mia non ho mai rubato nulla. In 50 anni di attività politica non ho mai compiuto gesti simili. Spero che questa cosa possa chiarirsi». Lunedì ha anche tentato di giustificarsi con la polizia sostenendo che «l’esercizio commerciale non è ben delimitato, non si capisce dove pagare».

Foto copertina da: Dagospia

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