Elly Schlein firmerà i referendum della Cgil per abolire il Jobs Act. Renzi: «Il suo Pd è per i sussidi, ora i riformisti vengano da noi»

L’annuncio della segretaria Dem dalla festa dell’Unità di Forlì: «Non potrei fare diversamente. Ma la nostra battaglia è sul salario minimo»

La segretaria del Pd Elly Schlein firmerà per i referendum della Cgil che chiedono l’abrogazione di parti chiave del Jobs Act, la legge sul lavoro voluta dal Pd dell’allora leader e premier Matteo Renzi. Lo ha annunciato la stessa segretaria oggi da Forlì. «Ho già detto che molti del Pd, firmeranno così come altri non lo faranno. Io mi metto tra coloro che lo faranno. Non potrei fare diversamente, visto che è un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso», ha dichiarato Schlein a margine della festa dell’Unità di Vecchiazzano, a Forlì. Dove trova spazio anche un banchetto della Cgil per la raccolta firme. I referendum proposti dal sindacato guidato da Maurizio Landini mirano a “colpire e affondare” le norme sui licenziamenti e sui contratti a termine. «Adesso il Pd è impegnato nella campagna delle Europee, sulle amministrative e su un’altra raccolta firme per noi molto rilevante che è quella per il salario minimo», ha aggiunto comunque la segretaria, come ad indicare che non è sul Jobs Act che vuole concentrare la prossima battaglia.


L’affondo di Italia Viva e l’imbarazzo dei riformisti Dem

Ma è bastato l’annuncio della firma a scatenare le reazioni ostili della minoranza del partito, e di chi dal Pd è già uscito da tempo. «Elly Schlein firma i referendum contro il Jobs Act. La segretaria del PD firma per abolire una legge voluta e votata dal PD. Finalmente si fa chiarezza. Loro stanno dalla parte dei sussidi, noi dalla parte del lavoro. Amici riformisti: ma come fate a restare ancora nel PD?», scrive sui suoi social il «padre» di quella legge, oggi leader di Italia Viva, Matteo Renzi. «La scelta di Elly Schlein di firmare il referendum della Cgil contro il Jobs Act certifica ufficialmente il compimento definitivo della deriva grillino-populista del Pd, un partito snaturato che ha perso completamente la vocazione originaria», rincara la dose ancora da Italia Viva Raffaella Paita, secondo cui il Pd a questo punto «dovrebbe cambiare nome e diventare un nuovo Movimento 5 Stelle. Se i riformisti del Pd non battono un colpo adesso significa che quell’area non esiste più». «Se proprio voleva fare questa forzatura, poteva farlo prima di Conte. Rimango contraria. In molti come me», si limita a replicare per il momento Marianna Madia, che del governo Renzi fu ministra ed oggi è tra i riformisti rimasti in minoranza nel Pd.


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