La Corte Costituzionale piccona il Jobs Act: estesa la possibilità di reintegro del lavoratore licenziato

Dichiarato l’illegittimità costituzionale di un termine particolare all’interno dell’articolo 2

La Corte costituzionale fornisce un ulteriore crepa al Jobs Act. Con la sentenza numero 22 del 2024 ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, riguardo al termine “espressamente“, permettendo così il reintegro nel posto di lavoro dei lavoratori licenziati ed eliminando così i limiti sui nuovi assunti (col contratto a tutele crescenti introdotto dallo stesso decreto). Il Jobs Act distingueva tra licenziamenti per motivi economici (che escludono tassativamente la reintegra), e licenziamenti nulli, per i quali invece si può imporre il rientro del dipendente. Ebbene per la Consulta il Jobs Act «non prevedeva – e non consentiva quindi – la distinzione tra nullità espresse e nullità non espresse, ma contemplava una distinzione soltanto per i licenziamenti disciplinari ingiustificati».


«E’ una sentenza che sicuramente ha un effetto espansivo rispetto alla tutela dei lavoratori licenziati ingiustamente. – spiega a Repubblica Francesco Fraschini, avvocato giuslavorista – Penso per esempio al caso del licenziamento ritorsivo, che avviene con una contestazione pretestuosa, solo perché il lavoratore aveva fatto valere un suo diritto. La legge parla espressamente di licenziamento discriminatorio, non di licenziamento ritorsivo, che è invece un’elaborazione della giurisprudenza, che adesso sarà ancora più giustificato far valere in giudizio anche nei casi di licenziamenti di lavoratori a tutele crescenti».


Le reazioni

«Siamo contenti che esca questa sentenza», ha dichiarato Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil. «Questa sentenza – precisa – è un passo avanti». Soddisfazione anche dalla Cisl. «Riteniamo sia condivisibile in quanto amplia la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici anche ai casi di nullità non espressamente previsti dalla Legge», sottolinea il segretario confederale Mattia Pirulli. Questo avrà «un impatto positivo sul piano operativo senza intaccare i principi fondativi del contratto a tutele crescenti che troppo spesso sono stati oggetto di critica al Jobs Act». Si riserva invece di commentare nel dettaglio la Cgil, soddisfatta della sentenza ma contraria a tutto il decreto legislativo n.23.

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