Sangiuliano in ritardo all’evento con Venditti. Il cantante: «Non sa cosa si è perso». Il ministro: «Andai alla Festa dell’Unità pur di sentirlo»

Il cantautore presenta il suo progetto alla stampa in occasione dei 40 anni di Notte prima degli esami: «Portare la musica pop in costituzione»

Notte prima degli esami nel 2024 compie 40 anni e oggi nel palazzo del Ministero della Cultura sono cominciati ufficialmente i festeggiamenti. Una ricorrenza istituzionale, non solo per la location ma soprattutto perché al centro dell’attenzione c’è un brano, mettendo un attimo da parte l’indiscussa bellezza sotto ogni profilo possibile, entrato a far parte della cultura italiana in maniera indelebile, il puro pop che 40 anni dopo diventa praticamente tradizione. Antonello Venditti, autore ed interprete dell’immortale capolavoro, appare però decisamente più concentrato su un altro progetto che gli sta molto a cuore, un progetto del tutto politico e che riguarda una proposta di legge per un sostegno concreto, al pari di quello che ricevono teatro e cinema, per la musica leggera italiana. «Si tratta – dice – dell’unica arte che non è riconosciuta da nessun governo, va sostenuta, il talento non va lasciato in mano alla televisione. Bisogna dare priorità ai De Andrè e i Geolier, quando trasmettono i David di Donatello io ci rimango male perché la musica non ha niente di governativo e sociale. Non per me che ho una storia fantastica, ma tanti non avranno una fantastica storia se mancherà l’appoggio della politica. Io rinuncerei a tutto ciò che ho da dirvi solo per perorare questa mia volontà molto semplice: che la musica pop entri nella nostra costituzione, così come lo è lo sport, così come tutte le arti, come cinema e teatro».


Venditti fa sul serio. Assieme all’avvocato Luca Pardo ha buttato giù un progetto per inserire la parola musica nella Costituzione Italiana, «una parola che manca», scrive in un documento distribuito alla stampa presente: «In Italia la musica pop è stata e continua ad essere la colonna sonora di milioni di vite, ma è ancora oggi vittima di un pregiudizio che la vuole arte di serie minore, confinata al rango di “canzonetta”. Pregiudizio immotivato e inaccettabile, che penalizza gli artisti e l’intera filiera dell’industria musicale. È uno strumento di coesione della nazione, forse il più forte – continua –. Tuttavia, a oggi gli spettacoli musicali più complessi dal punto di vista artistico, nonostante gli introiti da biglietteria, non riescono ad essere rappresentati in tutta Italia per assenza di location idonee a conseguire almeno il punto di pareggio ricavo-costi. Così che la musica pop non è rappresentata su tutto il territorio italiano, a meno che gli artisti non rinuncino al loro progetto artistico originario». E continua: «Preferirei essere ricordato per quella che spero diventi una legge, piuttosto che per tutte le canzoni che ho fatto», un problema dunque che il cantautore romano prende estremamente sul serio e a Open confessa infatti con sconforto il disinteresse degli altri artisti, anche della propria generazione, rivelando che un confronto con loro è impossibile: «Purtroppo l’Italia dei talent non ti permette un dialogo approfondito, qualcuno nemmeno lo sente questo problema, non sanno nemmeno di cosa si parla, il condizionamento è talmente profondo che andarli a scrostare dalla loro comfort zone è un problema». E prosegue: «Ragazzi come Sangiovanni giocano con la vita, loro hanno già l’idea del finire, sanno che saranno superati dal nuovo, è veramente un precariato intellettuale che porta al suicidio, all’angoscia, a non vivere più nemmeno la libertà. Tu vedi fenomeni bravi che sono statti costretti a cambiare, perché si devono salvare, non c’è una rete costituzionale che possa difendere la libertà mentale, sono messi l‘uno contro l’altro a sbranarsi, a vedere la musica come competizione o solo come un’occasione, che oggi sono due, Sanremo e un talent, possiamo lasciare che la musica sia questo?». Venditti si concentra poi sull’economia della musica pop e sul suo valore: «Solo un idiota può dire che con la cultura non si mangia, la musica pop dà da mangiare a tutti. Mi spiace parlare del cinema, ma ha tutti gli onori e noi tutti gli oneri, per me è assurdo. Noi paghiamo tutto il cinema italiano, anche Rocco Siffredi che racconta se stesso, questa è la cultura italiana?».  


Venditti e Sangiuliano

Il Ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano era particolarmente atteso questa mattina, il programma prevedeva la sua presenza accanto ad Antonello Venditti, ma impegni precedenti lo hanno costretto ad un ritardo monstre. Quando entra in sala Venditti ha già incantato i presenti con una versione pianoforte e voce di Notte prima degli esami e Ci vorrebbe un amico. «Non sa cosa si è perso il Ministro» infatti dice. Sangiuliano prende il microfono e ammette: «Pur di ascoltare le sue canzoni da giovane sono andato alla Festa dell’Unità, cosa che non avrei mai fatto». Pochissimi minuti di convenevoli e poi, prima che i giornalisti possano approfittare dell’occasione per discutere con lui della libertà tanto citata nella giornata di oggi da Venditti, argomento centrale per il governo Meloni nell’ultimo periodo, viene portato via per altri improrogabili impegni. Un comportamento che il cantautore romano parrebbe non aver particolarmente apprezzato, tant’è che mentre il ministro guadagna l’uscita lui accenna anche una sorta di parodia della camminata che non è sfuggita al pubblico. La stampa incrocerà nuovamente Sangiuliano poco più tardi, al secondo piano del ministero, dove si è materializzato per un saluto in privato a Venditti, ma avvicinato per una domanda al volo da un collega rifiuta categoricamente rispondendo: «Ho già parlato, ora vado al bar». Durante la giornata l’unico esponente del Governo Meloni a supportare Venditti è il Sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi, il primo a prendere parola rivolgendosi anche alla 3B del liceo Visconti di Roma, invitata per assistere alla presentazione del progetto: «Considero la musica cultura, ancor di più oggi che assistiamo in alcuni casi ad un impoverimento della parte letteraria delle nostre canzoni» e il pensiero vola subito alle parole pronunciate in un’intervista con RTL a metà marzo, quando aveva ipotizzato un protocollo per i testi rap. Ma la parola che Venditti ripete più spesso durante la giornata è libertà, in riferimento agli artisti pop e a quella parte d’Italia che non può ospitare gli stessi concerti del nord, ai prezzi dei biglietti che, dice, «creano classi ed è inaccettabile», ed anche rispetto a questo governo che – dice a Open – «sembrerebbe avere qualche problema con la libertà, però – dice – chi dà prima la mano vince. Il concetto di libertà è molto relativo rispetto l’atteggiamento che uno ha, perché la libertà può essere affermata con la violenza ma anche con l’intelletto. Uno deve arrivare alla democrazia in maniera affabile, cercando di far capire cos’è a chi non arriva a capire cos’è la libertà di espressione: “Guarda amico, non è così. Prendiamoci un respiro, non ti sono opposto, sono a fianco a te e provo a farti capire cosa secondo me non hai capito” e viceversa». L’artista si concentra infine sui rischi dell’intelligenza artificiale: «Nel nostro mondo l’intelligenza artificiale è il colpo di grazia: fine della nostra libertà, della nostra personalità individuale. Per questo io propongo questa legge che mette al riparo la musica contemporanea popolare, che non ha alcun diritto, che non esiste, da questi grandi nemici». La battaglia politica di Venditti va avanti mettendo nel mirino l’utilizzo nella musica dell’intelligenza artificiale. «Se non affrontiamo il discorso dell’Intelligenza artificiale a livello mondiale subito – dice – si impadronirà di noi, della nostra immagine, della nostra lingua, del nostro essere e noi dobbiamo prendere atto di un mondo che sta cambiando rapidamente».

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