L’allarme sulle spiagge italiane a rischio. Ecco quali possono sparire entro 25 anni: dove si trovano

Il mare avanza, e l’Italia rischia di perdere una parte importante delle proprie coste. Secondo il Rapporto “Paesaggi sommersi” della Società Geografica Italiana, presentato martedì 28 ottobre, a Roma, entro il 2050 circa il 20% delle spiagge italiane potrebbe finire sommerso. Entro la fine del secolo, poi, la quota potrebbe arrivare al 40%. Un processo che, se non contrastato, potrebbe costringere oltre 800 mila persone a lasciare le proprie case. Lo studio traccia una mappa dettagliata delle aree più vulnerabili: in prima linea l’Alto Adriatico e la costa intorno al Gargano. Per di più, il rischio riguarda anche diversi tratti tirrenici tra Toscana e Campania, e le zone costiere della Sardegna, in particolare quelle di Cagliari e Oristano. Tra i luoghi più esposti figurano anche il Delta del Po e la Laguna di Venezia. Queste ultime sono aree “anfibie”, dove l’innalzamento del livello del mare minaccia la sopravvivenza stessa degli ecosistemi lagunari.

I rischi per i porti e le aree agricole
Oltre alle spiagge, il rischio riguarda anche le infrastrutture portuali, metà delle quali potrebbe subire danni gravi entro fine secolo. Più del 10% delle superfici agricole costiere è minacciato dalla salinizzazione dei terreni, fenomeno che nel 2023 ha fatto risalire il cuneo salino nel Delta del Po per oltre 20 chilometri, compromettendo coltivazioni e riserve d’acqua dolce. Il rapporto sottolinea anche i limiti delle difese costiere artificiali: oggi le barriere proteggono più di un quarto delle coste basse italiane, ma contribuiscono a lungo termine ad aggravare l’erosione e saranno sempre più costose e meno efficaci. «Occorrerebbe una netta inversione di tendenza – spiega Claudio Cerreti, presidente della Società Geografica Italiana, ripreso dall’ANSA –. Le nostre coste sono ormai fortemente artificializzate, e questo impedisce alle dinamiche naturali di adattarsi all’innalzamento del mare o alle mareggiate. Rinaturalizzare il più possibile potrebbe essere una strategia efficace».

La responsabilità del turismo di massa
La pressione turistica è un altro fattore critico. I comuni costieri offrono oltre la metà dei posti letto turistici italiani (57%), ma lo sviluppo incontrollato delle strutture sta aggravando la fragilità del territorio. Le aree protette, che coprono circa il 10% delle acque e delle coste nazionali, sono spesso prive di piani di gestione adeguati, riducendo la loro capacità di tutelare la biodiversità marina. Nonostante la gravità del quadro, Cerreti invita a non cadere nel catastrofismo: «Proviamo a proporre ai decisori politici un quadro equilibrato e, su quella base, interventi concreti di mitigazione. Il problema è serio, ma può essere affrontato con una pianificazione consapevole».
