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Rick and Morty e gli altri: le serie tv animate per adulti

17 Dicembre 2018 - 12:37 Valerio Berra

«Wubba lubba dub dub». Rick Sanchez lo ripete spesso nelle tre stagioni di Rick and Morty, la serie tv animata creata da Justin Roiland e Dan Harmon. Un tormentone senza senso, così come all’inizio sembrano senza senso tutte le avventure che questo scienziato geniale e ubriacone vive con il nipote Morty.

Eppure, episodio dopo episodio, non sembra più di guardare una serie demenziale. Le gag rimangono ma nelle storie dei protagonisti iniziano a trovare posto temi più complessi, dall’adolescenza ai rapporti familiari, arrivando a parlare anche di depressione e gestione del dolore.

L’offerta delle serie tv animate dedicate a un pubblico adulto continua ad aumentare. Basta vedere la schermata iniziale di Netflix. BoJack Horseman e Rick and Morty sono quelle più conosciute ma ci sono anche Big Mouth, Paradise Police e Final Space. Il 31 agosto 2018 ha debuttato su questa piattaforma Disincanto, l’ultima serie scritta dal creatore di Futurama e I Simpson: Matt Groening.

Le origini dell’animazione per adulti

Il linguaggio dell’animazione non è mai stato solo per bambini. Nel 1969 Whitney Lee Savage aveva scelto Mickey Mouse come protagonista di un corto contro la guerra in VIetnam, senza nessuna autorizzazione ufficiale da parte della Walt Disney. In poco più di un minuto il topo più famoso del cinema passa davanti a un cartello pubblicitario che invita a unirsi all’esercito per «Scoprire il mondo», si arruola e parte per il Vietnam. Appena sceso dalla nave viene colpito in testa da un proiettile. Mentre l’inquadratura si stringe sul volto, il suo sorriso scompare e lascia il posto a una smorfia di tristezza.

Nel 1972 Friz The Cat, diretto da Ralph Baskhi, conquista il titolo di primo film di animazione vietato ai minori di 18 anni. Partendo dal fumetto di Robert Crumb, Ralph Baskhi mette in scena una critica alla società americana in cui tutti i protagonisti vengono rappresentati come animali. Poliziotti disegnati come maiali, sangue, droghe e violenze di ogni tipo. Tutto ambientato nella New York di quel periodo. La pellicola venne distribuita in diversi Paesi, e riuscì ad arrivare anche in Italia.

Se si parla di serialità però il punto di partenza è un altro. Bisogna cercarlo in un divano davanti alla televisione, nella sala di una casa americana come tante altre, in mezzo a una città americana come tante altre. È il divano da cui iniziano tutti gli episodi de I Simpson, la serie nata nel 1987 e arrivata sulle televisioni italiane nel 1991.

Ora negli Stati Uniti, sul canale Fox, è in onda la trentesima stagione. Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggy rappresentano l’eterna famiglia della middle class, sempre uguale a se stessa. Homer lavora da oltre trent’anni come tecnico in una centrale nucleare e Lisa è sempre la studentessa più promettente della seconda elementare nella scuola di Springfield.

Accanto a I Simpson, fra le basi della serie tv animate per adulti c’è anche South Park, creato nel 1997 da Matt Stone e Trey Parker. Qui i protagonisti sono un gruppo di bambini che frequentano la scuola elementare. In Italia è stato trasmesso su Italia 1 ma le critiche ricevute per il linguaggio pieno di parolacce e le vicende ai limiti del politcamente correto hanno portato alla censura dopo la quarta stagione, almeno su questo canale.

Quando Rick e Morty hanno ucciso i Simpson

Prodotti come BoJack Horseman o Rick and Morty partono da tutto questo bagaglio ma portano allo spettatore qualcosa di diverso. Stefania Carini, che di serie tv si occupa sia all’Università Cattolica di Milano che sulle pagine di quotidiani nazionali, lo racconta così: «I Simpson e South Park sono stati creati nel momento in cui c’era una forte rinascita della serialità televisiva. I prodotti che vediamo ora sono un’evoluzione di questi percorsi, una nuova fase. C’è una scena in Rick e Morty in cui i due protagonisti entrano con la loro navicella nella cassa dei Simpson, sterminando tutta la famiglia».

Nel «primo libro critico sui Simpson», scritto da Pierluca Marchisio e Guido Michelone nel 2003, questo cartone animato viene definito come «l’allucinazione di una sit com». Nell’opera di Matt Groening questo genere viene preso e rigirato con tutti gli strumenti dell’animazione. «Anche qui – continua Stefania Carini – l’allucinazione della realtà ritorna. Tutto si basa sul rapporto tra nonno e nipote.

Una relazione fatta allo stesso tempo di affetto, repulsione e dipendenza. Gli episodi hanno sempre una chiave comica. Si ride, ma poi vengono inseriti problemi filosofici, dall’elaborazione del dolore all’identità». I personaggi non sono più uguali a loro stessi, crescono insieme allo spettatore. Alcuni episodi restano autoconclusivi ma la trama di fondo si sviluppa facendoci scoprire sempre qualcosa in più dei personaggi.

L’interesse per l’animazione trova molto spazio sul web. Fra forum di appassionati e pagine facebook dedicate, una delle figure più importanti di questa community è lo youtuber Dario Moccia. Sul canale dal 2011 ha pubblicato decine di contenuti sulla storia dell’animazione, da quella occidentale ai maestri del manga giapponesi, arrivando a raggiungere i 264mila iscritti.

Nei suoi video, a volte lunghi anche un’ora, affronta diversi aspetti di questo mondo, rivolgendosi soprattutto alla sua generazione, quella cresciuta negli anni dei Pokemon e dei programmi che mischiavano cartoni animati e intrattenimento come Solletico e Bim Bum Bam: «Le serie tv animate per adulti sono targettizzate molto bene per la generazione degli anni ’80 e ’90, cresciuti da piccoli con i cartoni animati. Oltre a questo bisogna considerare anche un altro elemento: i personaggi che mettono in scena rispecchiano molto questo periodo storico».

Gli eroi di ieri non sono gli eroi di oggi. Nel modo in cui sono costruiti i protagonisti di queste serie si può leggere qualcosa in più anche del pubblico che le guarda. «Facciamo un esempio. Negli anni ’30 Superman era un simbolo di speranza per la società americana che stava attraversando un periodo tremendo.

I protagonisti di queste serie animate invece riflettono un disagio più profondo. BoJack Horseman è un antieroe, un depresso che non riesce più a ritrovare il suo posto nella società. In questa narrazione ci viene sbattuto in faccia tutto il mondo di Hollywood, con le sue maschere e le sue contraddizioni».

Verrà un Giorno, la prima serie tv animata satirica in Italia

Guardando alla produzione italiana, non sembra esserci molto spazio per questo tipo di prodotti. C’è però un eccezione: Verrà un giorno, una serie animata satirica creata da Matteo Giovanardi, Alessandro Miglioli e Giovanni Azzali. Ambientata in un “città anonima del centro nord”, la serie racconta le storie di otto ragazzi e ognuno di loro rappresenta un aspetto diverso della generazione che dai 20 ai 30 anni.

Paolo Carmine Camorano è uno studente pugliese fuorisede e fuoricorso, Stefano Vozzi un esperto di ingegneria informatica sfruttato per lavori pagati a crediti universitari mentre Pietro Narin è un lavoratore sempre munito di gilet giallo, figlio di un cambogiano e di un’impiegata alle poste.

L’idea degli sceneggiatori è creare una serie che racconti l’Italia e i suoi giovani, offrendo al pubblico qualcosa di diverso dalle produzioni americane, come spiega Alessandro Miglioli: «Un sacco di giovani passano il tempo a guardare serie rivolte a un pubblico americano.

Ora è il momento di fare qualcosa del genere anche sul contesto italiano. Homer Simpson lavora da 30 anni in una centrale nucleare ma in Italia le centrali nucleari sono dismesse dal 1987. Dobbiamo creare una serie che parli di noi».

Ridere con il dolore

Mentre le stagioni scorrono sugli schermi di pc e smartphone, questi personaggi buffi e inizialmente comici diventano sempre più veri, più vicini. Gli elementi più assurdi acquistano senso e si arriva anche a rispecchiarsi in un cavallo marrone che parla e cammina su due zampe. Un po’ come il «Wubba lubba dub dub» di Rick Sanchez. Per i primi episodi è solo un intercalare comico, quasi un grido di battaglia. Solo alla fine della terza stagione viene svelato il suo significato: «Sto soffrendo molto, aiutatemi».

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