Al via le videochiamate via Skype per i colloqui tra detenuti e familiari

di OPEN

Il colloquio via Skype permetterà ai detenuti di non sentirsi soli in un contesto dove c’è un forte rischio fragilità psico-fisica

Come anticipato da Francesco Basentini, capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria: «In merito alle esigenze di affettività dei detenuti è partito un progetto pilota in tre istituti penitenziari dove verrà usato Skype e più in generale l'informatica. Entro sei mesi saranno installati oltre 450 pc in tutte le sezioni detentive. L'obiettivo è di metterne anche di più, ovviamente non nel 41 bis. Oltre a Skype verranno installati programmi come corsi di lingua, apprendimento, passatempi». 


In una recente circolare del Dap, dopo le sperimentazioni condotte in alcune carceri, viene concesso il permesso ai detenuti di poter aver colloqui tramite Skype con i propri familiari. Sarà possibile effettuare un massimo di sei conversazioni nell’arco di un mese della durata massima di un’ora, sotto stretto controllo visivo della polizia penitenziaria, che monitorerà da remoto le immagini che appaiono sullo schermo utilizzato dal detenuto. Il colloquio via Skype permetterà ai detenuti di non sentirsi soli in un contesto dove c’è un forte rischio di isolamento e fragilità psico-fisica. 


I detenuti dovranno presentare richiesta per poter effettuare la chiamata: sarà necessario indicare l’indirizzo e-mail che si dovrà contattare e segnalare, tramite certificazione, il grado di parentela del congiunto con cui si avrà colloquio via Skype.  Dall’altra parte, il familiare destinatario della chiamata dovrà presentare un’autocertificazione in cui assicurano che alla conversazione parteciperanno unicamente i soggetti autorizzati. Qualora queste regole non dovessero essere rispettate il detenuto e i propri familiari perderanno la possibilità di usufruire di questo servizio. 

Questa direttiva, precisa il ministero della Giustizia, non varrà per tutti i detenuti: per quelli in attesa di giudizio, per esempio, sarà necessaria l’autorizzazione delle autorità giudiziarie, mentre non sarà possibile per i detenuti condannati al 41 bis. 

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