Picchiato a morte il pittore Umberto Ranieri. L’ex compagno: «Era come Pasolini. Ucciso per omofobia»

Nniet Brovdi, questo il suo nome d’arte, è morto a Roma dopo essere stato aggredito. L’ex compagno a Open: «Era libero e non nascondeva mai la sua omosessualità. E in Italia questo si paga»

«Lui era fatto così: una persona libera e socievole. Non escludo affatto che sia stato aggredito per ragioni omofobe». Umberto Ranieri, in arte Nniet Brovdi, è il pittore di 55 anni originario della provincia di Chieti e residente a Roma morto mercoledì 20 marzo in seguito a un’aggressione a Largo Preneste, zona est della Capitale.


«Era un po’ come Pasolini, Umberto. In un qualsiasi altro paese i suoi atteggiamenti liberi e aperti non avrebbero suscitato alcuno scalpore. Ma qui siamo in Italia». A raccontarlo a Open è l’ex compagno, Fabio Giuffrè. L’aggressione al pittore risale a domenica scorsa. Un colpo, un pugno che gli rompe il setto nasale, che lo fa cadere all’indietro e che gli fa poi sbattere violentemente la testa per terra. 


I carabinieri sono al lavoro per ricostruire le dinamiche dell’accaduto, mentre famiglia e amici dell’artista chiedono verità e giustizia. «Chi sa parli», ha detto il padre di Umberto. Il lavoro degli inquirenti – che però hanno escluso fin da subito la pista omofoba e anche quella di un’aggressione del branco – è reso più difficile dal fatto che pochi erano i testimoni, al momento dell’aggressione, e poche sono le telecamere di sorveglianza della zona. 

Picchiato a morte il pittore Umberto Ranieri. L'ex compagno: «Era come Pasolini. Ucciso per omofobia» foto 1

 

Fabio Giuffré e Umberto Ranieri

«È strano perché chi conosce Roma sa che Largo Preneste non è una zona isolata, è sempre piena di gente e di traffico», ragiona Fabio. «Qualcuno avrà visto: spero crolli questo muro di omertà». Umberto «era uno che si viveva il quartiere, la strada. Viveva lì vicino ed era solito passare del tempo sulle panchine dei giardinetti della piazza», racconta il suo ex.

È una delle piste che stanno approfondendo i carabinieri: spesso Ranieri si avvicinava alle panchine e ai frequentatori notturni di Largo Preneste, per raccogliere le bottiglie di birre vuote e buttarle via. L’ipotesi è che abbia incontrato qualcuno che non era d’accordo con quello che stava facendo e che lo ha colpito. L’aggressore – un primo, nebuloso identikit parla di una persona tra i 25 e i 35, alto tra 1,70 e 1,80 metri, di carnagione chiara – sarebbe poi fuggito. 

«Che mondo è quello in cui la vita si cancella con un pugno dato senza motivazioni», scrive Tiziana sulla pagina Facebook di Ranieri. «Dove l’estro, dove il diverso, deve essere annientato, senza riflettere sul fatto che ognuno di noi è “unico” a modo suo. Spero che dove sei ora tu possa essere “libero”». La pista omobofa viene avvalorata anche dall’associazione Gay Center, che da subito aveva definito «vile» quanto accaduto al pittore.

Umberto Ranieri «è già stato picchiato nel 2006: un depistaggio da ricollegare a un movente omofobo», dice Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center.  Allora come ora. «In attesa di chiarezza su quanto accaduto, chiediamo al Governo di approvare al più presto una legge contro l’omofobia che tuteli e supporti le vittime, dice Marrazzo. 

Umberto Ranieri e Fabio Giuffré sono stati insieme e hanno convissuto per due anni: si sono lasciati proprio nel 2006, qualche tempo prima di quella prima aggressione. Umberto «non nascondeva il fatto di essere gay a nessuno, mai. Una cosa normale nel resto d’Europa, non in Italia», dice Fabio Giuffré a Open. «Se qualcuno gli piaceva, con molto garbo, lui glielo faceva capire. È da questo che nasce l’aggressione omofoba di 13 anni fa».

Fabio ricorda quella notte: «Ci eravamo lasciati, ma siamo rimasti in contatto negli anni. Quella notte mi aveva chiamato disperato, intorno alle 5 del mattino, chiedendomi di andare a casa sua perché aveva subito un’aggressione. Quando sono arrivato l’ho trovato con la faccia completamente gonfia. Mi sono preso un giorno di ferie e l’ho portato prima al pronto soccorso a Tor Pignattara e poi a fare denuncia». 

Picchiato a morte il pittore Umberto Ranieri. L'ex compagno: «Era come Pasolini. Ucciso per omofobia» foto 2

 

Fabio Giuffré e Umberto Ranieri

Umberto aveva raccontato che «aveva incontrato un ragazzo per strada, gli aveva fatto capire che poteva nascere qualcosa con molto garbo, e i due sono saliti insieme a casa di Umberto». Che, in quanto artista multimediale, aveva in casa attrezzature costose come un videoproiettore e dei computer buoni che all’epoca costavano tanto. «L’aggressore, una volta entrato in casa, l’ha prima picchiato in maniera brutale e poi gli ha rubato tutto». 

Di quella denuncia, dice Fabio Giuffrè, «ovviamente non se ne è saputo più nulla». Con l’autorizzazione della famiglia, Fabio e il Gay Center vorrebbero provare a organizzare una mostra delle opere di Umberto Ranieri. «Non so se l’omofobia stia aumentando: certamente la situazione è drammatica da tempo», conclude Fabio.

«Dal 2000 direi. Io sono bilingue, faccio su e giù con la Spagna e vedo la differenza. Umberto era come Pasolini: e uno come Pasolini in Italia suscita stupore e violenza». Fabio oggi convive da sei anni, è in un’unione civile. «Ma ti assicuro: appena vado in pensione ho già le valigie pronte. Addio Italia, me ne vado in Spagna e non mi vedete più». 

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