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La malattia di Lyme sta tornando. Ed è colpa dei cambiamenti climatici

07 Maggio 2019 - 06:52 Juanne Pili
Le zecche che veicolano la malattia di Lyme sono una minaccia soprattutto per la fauna delle foreste nordamericane e dell'Europa occidentale, ma possiamo esserne minacciati anche noi in assenza di diagnosi tempestive e corrette profilassi

I bambini degli anni ’90 forse ricordanole raccomandazioni che i genitori facevano prima di farli andare a giocare nell’erba: «attenti alle zecche» e, nel caso fossero stati colpiti, «non strappare la zecca a mani nude, altrimentila testa restaancorata nella pelle: le zecche portano malattie».Come vedremo, c’è una ragione se in Italia questo genere di ricordi interessa soprattutto quella generazione.

Punture e morsi possono veicolare diversi patogeni, ma a noi interessano in particolare quelli di diversespecie di zecche, come ad esempiola «Ixodes scapularis», meglio nota come «zecca nera». Ci interessano soprattutto le specie animali tipiche delle foresteloro bersaglio naturale, perché se gli ecosistemi in cui vivono vengono alterati questo può avere conseguenze anche nei cicli di riproduzione di questi artropodi.

Le conseguenze di un incremento del numero di zecchein circolazione per noi ha una certa rilevanza, perché veicolano un gruppo batteri, generalmente definitiBorrelia, responsabilidella malattia di Lyme, diffusasi soprattuttonell’America settentrionale e nell’Europa occidentale. Oggi sappiamo che uno dei fattori determinanti per la loro diffusione è il riscaldamento globale.

Cos’è la malattia di Lyme

La malattia prende nome da una città del Connecticut (Usa) dove venne descritta per la prima volta nel 1975. Si diffonde attraverso le zecche soprattutto mediante il batterio «Borrelia burgdorferi». Nelle persone il primo sintomo che viene riscontrato è sicuramente lo sviluppo di un eritema, che può estendersi fino a 30 centimetri. Seguono sintomi solitamente associati all’influenza, come brividi, spossatezza e febbre.

Possono sorgere poi altre complicazioni, specialmente se la malattia non viene diagnosticata in tempo, come paralisi facciale, disturbi respiratori e palpitazioni cardiache. Se non si ricevono cure adeguate nelle settimane seguenti, possono insorgereproblemi neurologici e lesioni miocardiche, nel 60% dei casi i pazienti che non vengono trattati in tempo hanno i sintomi dell’artrite.

A causa dei cambiamenti climatici che favoriscono la diffusione di determinate specie di zecche, sono a rischio molti animali tipici delle foreste americane, europee e asiatiche. Anche se in Europa occidentale non esiste ancora un vaccino è possibile trattare la malattia con successo attraverso appositi antibiotici.Le misure di prevenzione, come vedremo, sono piuttosto semplici da attuare.

I legami tra riscaldamento globale e casi di Lyme in Occidente

Dal 2014 l’Epa (Environmental protection agency) considera i casi di Lyme negli Stati Uniti come uno degli indicatori dei cambiamenti climatici. Si tratta della conseguenza di avere una Terra mediamente più calda,e degli sconvolgimenti che questo porta nei vari climi. Lyme è veicolata dalle zecche, le cui «popolazioni sono influenzate da molti fattori, tra cui il clima».

La giornalista investigativa Mary Beth Pfeiffer elencain un articolo pubblicato su Aeon quelle che sono le evidenze scientifiche riportate per decenni sulla diffusione delle zecche,i collegamenti con la malattia di Lyme e i cambiamenti climatici. Basta dare un’occhiata ai contagi tra le alci nel Main e nel New Hampshire.

Quando i biologi hanno esaminato le carcasse, hanno trovato quello che pensavano fosse la causa. I vitelli di neanche un anno ospitavano fino a 60.000 artropodi succhiatori di sangue conosciuti come zecche invernali. Nel Vermont, le alci morte avevano 100.000 zecche ciascuna.

Nel 2015, due organizzazioni ambientaliste, allarmate dalle tendenze demografiche, hanno chiesto al Segretario degli Interni degli Stati Uniti di considerare le alci del Midwest come specie a rischio di estinzione.Nel Minnesota, il numero di alci è diminuito del 58% nel decennio fino al 2015, simile alle perdite nel New England. Gli ambientalisti credono che le alci potrebbero essere debellate nel Midwest entro il 2020, con le scorte in caloin Wisconsin, Minnesota e Michigan.

Come accennavamo il problema non si riscontra solo nell’America settentrionale. Nell’Europa occidentale – tenendo conto che il conteggio dei casi non è ancora del tutto standardizzato – abbiamo circa 85 mila casi all’anno, stando a quanto emerge da analisi fatte nel 2016.

Quando i no-vax minacciarono il vaccino americano

La casa farmaceutica SmithKline Beecham sviluppòun primo vaccino chiamato«LYMErix», che si dimostrò efficace nel 76% degli adulti e nel 100% dei bambini in uno studio clinico che ha coinvolto oltre diecimila persone. Già nel dicembre 1998 la Fda (Food and drug administration) ne certificò efficacia e sicurezza, al netto degli irrilevanti effetti avversi segnalati.

Dopo la libera somministrazione del vaccino questo ha seguito il destino che lo accomuna a tutti gli altri: segnalazioni di nuovi presunti effetti avversi hanno fatto sìche venisse considerato nocivo: sottoposte a ulteriore verifica dalla Fda, le presunte prove della tossicitàsi dimostrarono infondate.

Agitare lo spauracchio delle case farmaceutiche e dei loro vaccini è sufficiente per alimentare la propaganda contro le vaccinazioni di ogni tipo: nel 2002 il farmaco venne ritirato dal mercato americano. In un articolo tristemente «profetico» pubblicato su Nature nel 2006 si legge:

Timori pubblici infondati esercitano pressioni sugli sviluppatori di vaccini che vanno al di là di ragionevoli considerazioni di sicurezza.

Tutt’oggi nel sito della Fda leggiamo che «non ci sono vaccini con licenza negli Stati Uniti per aiutare nella prevenzione della malattia di Lyme nelle persone», tuttavia come riporta il nostro portale di epidemiologia (Epicentro),in America «sono disponibili vaccini contro la borreliosi di Lyme ottenuti con tecniche di ingegneria genetica: l’efficacia e la sicurezza di questi vaccini sono state dimostrate mediante studi clinici controllati su larga scala in persone di età compresa tra 15 e 70 anni residenti in zone endemiche del Paese».

Come prevenire e curare la malattia di Lyme

Se diamo un’occhiata al sito del Ministero della salute italiano possiamo leggere che «allo stato attuale non è disponibile un vaccino contro la malattia di Lyme». Le ragionisono dovute al fatto che da noi sonopresentialtre «varianti» del batterio, distinte per antigeni, per i quali effettivamente non esiste ancora un vaccino.

In Italia il periodo più significativo è stato tra il 1992 e il 1998 con circa un migliaio di casi segnalati, soprattutto nelle regioni del Nord, con sporadiche segnalazioni in quelle del Sud. Oggi la malattia di Lyme è endemica nell’Appennino settentrionale. Esistono però altri strumenti di prevenzione e profilassi.

Se la diagnosi avvieneentro 72 ore dal morso di una zecca che vive in un’area endemica, la malattia di Lyme è curabile con appositi antibiotici, portando in genere a guarigione completa.Anche le misure di prevenzione possono avere grande efficacia, con appositi repellenti. Anchecontrollare dopo una scampagnata di non avere addosso qualche ospite indesiderato aiuta tantissimo, perché consente di rimuoverlo subitocon la dovuta cautela: afferrando la testa con delle pinzette. In ogni caso è sempre consigliata una visita medica il prima possibile.

Foto di copertina: Pixabay/Zecca portatrice del batterio Borrelia.

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