Voguing italiano: la vita è ballroom
Il voguing nasce a New York negli anni 70, all’interno della comunità LGBT nera e ispanica. Nasce come ballo: i movimenti sono ispirati alle pose dei modelli fotografati su Vogue e ai profili dell’arte egizia, in quello che nella sua forma più pura è un duello.
Nasce come famiglia: i ballerini si dividono in «houses», case reali e spirituali gestite da una «mother» o da un «father», dove trovare protezione da una società apertamente ostile.
Oggi il voguing è cresciuto fino a diventare un fenomeno globale, legato strettamente agli ambienti delle scuole di danza. Le house e le ballroom, il momento di incontro e scontro tra famiglie, hanno raggiunto Mosca passando per Parigi, Stoccolma e Milano.
Il ballo si è aperto progressivamente e naturalmente alle donne; si sono andati definendo stili di voguing e tipologie di competizioni e famiglie: il ballo è Old Way, New Way e Vogue Fem, le famiglie Major o Kiki.
B. Fujiko, la mother italiana
Barbara Pedrazzi, la B. Fujiko, è mother di due case: dell’Italian chapter di House of Ninja e della Kiki House of B-Fuji. Già ballerina, si è innamorata di voguing a New York, diventando poi un punto di riferimento indiscusso delle ballroom italiane. Insegna in tutto il mondo, sforzandosi di riconnettere il voguing alle sue origini: la comunità LGBT, e la sua volontà di esprimersi, accettarsi e divertirsi.
Uno sforzo necessario, specialmente con l’arrivo di generazioni sempre nuove nelle ballroom. Perché il voguing è competizione, spettacolo, «circo», come lo definisce Barbara. Ma è anche un luogo in cui è possibile vestirsi come si vuole, ballare come si vuole, essere chi si vuole, lontani dalle costrizioni della società “normale”.
Il viaggio verso Bologna
Abbiamo accompagnato Barbara e alcuni dei suoi allievi (Matteo Pandolfi, T’ai Monaco, Alessandra Benoma, Mirko Vita, Elisabetta d’Eugenio, Francesca Mancini, Edoardo de Nicolò) a una Kiki Ball a Bologna.
Lungo la strada abbiamo cercato di capire quanto è cambiato il voguing negli ultimi 50 anni, ma anche quanto è rimasto uguale a se stesso: un posto dove essere liberi, protetti, rumorosi e colorati, in un costante movimento di espressione e gioiosa determinazione di sé.
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