Come Petra, il Taj Mahal, ma anche Piazza san Marco a Venezia o le Dolomiti. Quando un sito diventa patrimonio mondiale dell’Unesco, significa che dovrà essere protetto e tutelato per l’unicità del suo paesaggio culturale.
Questa volta è il turno delle colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, che fanno salire a 55 il numero dei siti italiani iscritti nel registro dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. La loro popolarità è dovuta non soltanto alla bellezza dei 30 chilometri di colline che si stendono a perdita d’occhio, ma anche per il fatto che il vino che producono sta diventando sempre più celebre a livello internazionale.
Il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi si rallegra in un tweet della Farnesina, attribuendo la conquista del titolo «Alla loro bellezza paesaggistica, culturale, agricola unica e al gran lavoro promozionale di squadra del sistema-Paese».
«La zona include una serie di catene collinari, che corrono da est a ovest, e che si susseguono l’una dopo l’altra dalle pianure fino alle Prealpi, equidistanti dalle Dolomiti e dall’Adriatico, il che ha un effetto positivo sul clima e sulla campagna», spiega l’Unesco, «I ripidi pendii delle colline rendono difficile meccanizzare il lavoro e di conseguenza la gestione delle vigne è sempre stata nelle mani di piccoli produttori. È grazie a questo grande, pacifico esercito di lavoratori e grazie all’amore per la loro terra che è stato possibile preservare queste bellissime colline e creare un forte legame tra l’uomo e la campagna.»
La proposta di iscrivere i siti al patrimonio mondiale era già stata bocciata dalla commissione nel 2017, ma soprattutto dalle associazioni ambientaliste, tra cui Wwf, Legambiente, Pesticides Action Network, Marcia Stop pesticidi, Colli Puri. La presentazione della candidatura del sito da parte di Maurizio Martina aveva infatti suscitato l’indignazione di chi si oppone all’uso dei pesticidi in viticoltura, metodo ampiamente diffuso in Valdobbiadene.
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