Tracce 01 – Il Fabbro feat. Matilde Davoli

in collaborazione con Pasta Garofalo

Open e Pasta Garofalo esplorano i ritmi e le melodie del futuro dell’artigianato italiano. Il primo episodio con traccia in free download ci porta in un’officina pugliese, dove Vito Capozza trasforma blocchi di ferro in opere d’arte, messo in musica da Matilde Davoli

Ce u firr a fategà

Ce u firr a fategà, cu a cape la penzà
cu na call u riisce a mudellà
Ce u stinn fasce nu spide, ce l’allarghe fasce na palett
i cu martid’ a bbat accumm a na saètt
ca na volt ch’è chietrate
i’notele c’abbaatt, sop a’ngodn u firr viene sckattate

Vincenzo Capozza

A perdersi tra Noci e Putignano, in terre pugliesi abitate da 2600 anni, si finisce per incontrare una casa con le imposte di ferro, al civico 5 della Strada Comunale Purgatorio. C’è un giardino straripante di gatti e gattini, delle scale per guardare i tramonti dal tetto, ma specialmente un’officina. 

Nell’officina ci stanno Vito e Vincenzo, figlio e padre, mastri ferrai. Lavorare il ferro è arte antichissima, l’incudine una forma antropologica. Per Cenzino e Vito è una cornucopia di metallo plasmato, capace di produrre qualsiasi cosa, un chiodo come una rosa, o un pegaso. 

I Capozza non limitano l’incudine al suo utilizzo pratico, e per questo chiamarli fabbri è parziale, ma la usano come mezzo di espressione totale, di relazione alla vita: ci creano opere d’arte, ci vincono competizioni internazionali, ci sperimentano, ci scherzano, ci giocano – la condividono.

Vito dal padre non ha ereditato solo il martello, ma i motivi e le libertà dello strumento. Vincenzo non è nato fabbro; è un mestiere di cui si è innamorato giovanissimo, ma rimane forse l’unica cosa che lo separa dal figlio, classe ’88, i cui primi ricordi già lo collocano in officina, ad ascoltare il rumore del ferro incandescente sibilante nell’acqua. Vincenzo ha sempre avuto pochi macchinari; non per luddismo, ma perché li considera restrittivi ed omogeneizzanti rispetto alle potenzialità della materia.

Vito cresce, già consapevole di essere fabbro, ed è per questo che decide di frequentare il Liceo Artistico di Monopoli: vuole integrare l’officina con strumenti nuovi. Nel 2010 fonda I Capozza: si occupa di lavorazione artistica del ferro, realizzando opere su committenza, sculture, arredi, e la gran parte delle cose che ha voglia o bisogno di fare.

Vito parte da un disegno, su carta o direttamente sul piano di lavoro: è il primo passo della trasmutazione di un blocco di ferro, ed è la quiete prima della tempesta. Quello di Vito è un rito alchemico e violento, che tramortisce con i suoi estremi – la nota alta del martello sull’incudine, la luce invitante dell’incandescenza, il caldo intenso nonostante l’autunno in aperta campagna.

Tutto questo avviene davanti a Vincenzo, col suo aiuto solo nelle rare volte in cui è necessario (il padre è stato segnato dal mestiere e deve riposarsi). Lo sguardo di Vincenzo non è quello di un osservatore, però. È identico a quello del figlio che lavora: rapito e lontano, una martellata avanti alla forma del metallo. Per Vito fare il fabbro è naturale e profondo quanto essere figlio di Vincenzo; l’incudine uno dei modi di esprimerlo, il migliore.  

Il lavoro di Vito è stato messo in musica da Matilde Davoli, compositrice e producer a cavallo tra Lecce e Londra. È fondatrice del progetto musicale Girl With the Gun, che gestisce con l’amico artista Populus, e dell’art label Loyal To Your Dreams. La sua traccia, The Blacksmith’s Hammer, è disponibile in free download e per l’ascolto su Bandcamp. L’utilizzo del brano è libero, con la condivisione della fonte: www.open.online

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Autore: Henry Albert
Producer: Francesca Simili
Regia: Gianvito Cofano
Fotografia: Niccolò Natali