Quali sono i Paesi al mondo in cui si lavora di più (anche a Natale)?

Dopo la Grande Depressione i sindacati giocarono un ruolo fondamentale nel riconoscimento delle ferie pagate per molte categorie di lavoratori in Europa. Ma non è così dappertutto

Le ferie natalizie sono un privilegio o un diritto? Sono tante le persone, anche in Italia, che lavorano anche durante i giorni di Natale, dai medici e le infermiere agli autisti di autobus e metropolitana passando anche per cuochi e camerieri, e i giornalisti (alcuni). Ma gli italiani dispongono di molti più giorni festivi rispetto ai cittadini di altri paesi. 


In media i cittadini europei hanno almeno 20 giorni o più di ferie pagate all’anno. Secondo i dati del Forum Economico Mondiale, in cima alla lista ci sarebbe il Regno Unito con 28 giorni di ferie pagate e nove giorni festivi (anche se diversi datori di lavoro impongono ai propri lavoratori di prendere ferie pagate durante i giorni festivi, riducendo così il totale).


Tra i paesi meno generosi in termine di ferie ci sono economie avanzate come il Giappone (10 giorni) e gli Stati Uniti dove i giorni di ferie sono visti come un privilegio e non un diritto. Gli Stati Uniti sono uno dei pochi paesi al mondo che non garantiscono le ferie pagate ai propri lavoratori: non esiste una normativa federale in merito. Circa un quarto della forza lavoro americana – tendenzialmente lavoratori a basso reddito o lavoratori a ore – non hanno proprio ferie. 

Ma ci sono anche economie in via di sviluppo – come l’India e il Pakistan dove non ci sono vacanze pagate – e come la Turchia o il Canada dove i lavoratori hanno meno di due settimane l’anno di lavoro pagato. 

Giorni di ferie per paese (World policy Centre)

Una conquista europea 

È stato proprio il Regno Unito ad approvare le prime ferie pagate in epoca moderna con il “Bank Holiday Act” nel 1871 che introduceva quattro giorni di ferie per i dipendenti delle banche in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord e Scozia.

Ma è stata la Francia ad estenderlo a tutte le categorie, cinquant’anni dopo, nel 1936, con l’elezione di una coalizione di sinistra, il Front Populaire che – sotto pressione dei lavoratori che da mesi scioperavano in tutto il paese – introdusse una serie di riforme, riducendo la settimana lavorativa a quaranta ore e fissando i giorni di ferie pagate a due settimane all’anno. 

Non vuol dire che prima tutti lavorassero di più, anzi: per esempio il lavoro agrario era scandito dalle stagioni che imponevano lunghi periodi di riposo ma, piuttosto, che con la riorganizzazione del lavoro in epoca industriale, con la sua regimazione, divenne necessario ritagliarsi e rivendicare del “tempo libero”. 

Il caso italiano

In Italia soltanto nel 1927, sotto il regime fascista, viene riconosciuto, con la Carta del Lavoro, il diritto a un periodo di riposo retribuito, ma soltanto «dopo un anno di ininterrotto servizio». Ma è solo con la Costituzione del 1948 che vengono ufficialmente introdotte le ferie retribuite, come sono intese oggi.

L’articolo 36, infatti, recita: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi».

Ogni anno, i lavoratori dipendenti maturano almeno 4 settimane di ferie (i contratti collettivi possono prevedere delle ferie aggiuntive). Sono esclusi però i lavoratori autonomi e chi lavora saltuariamente o in nero (senza contratto), ma non i lavoratori part-time le cui ferie però dipendono dal tipo di contratto che hanno.

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