Coronavirus e disinformazione: il ruolo dei governi e dei social network

Tra teorie complottiste e stime fasulle, il 2019-nCoV è un test per il governo cinese e i grandi colossi tech della Silicon Valley

Il nuovo coronavirus è al centro di un vortice di disinformazione. Le fake news che girano in rete stanno testando l’abilità del governo cinese di tenere sotto controllo l’emergenza sanitaria. Facebook, Twitter e Google stanno cercando frenare la diffusione di notizie false, che hanno riguardato, tra le altre cose, il numero di persone contagiate e lo stato della costruzione degli ospedali. Alcune di queste sono state documentate dal sito americano BuzzFeed.


Screen da BuzzFeed

Le teorie complottiste

Anche il governo cinese sta provando ad arginare alcune bufale, la principale è quella secondo cui proprio l’amministrazione cinese sarebbe responsabile dalla diffusione del virus (che non ha ancora un nome anche se si è diffuso “coronavirus”). L’ipotesi che la Cina o gli Stati Uniti abbiano provocato l’inizio dell’epidemia ha avuto una rapida diffusione, anche a causa dei rapporti complicati tra i due Paesi. Secondo quanto riportato da Axios, sono circa 13mila i post sulle pagine Facebook, sui profili Twitter e su Reddit che propagano teorie complottiste, che leggono il coronavirus come un’arma per abbassare i livelli democratici.


Le responsabilità del governo cinese

Alcune fake news sono state diffuse però dalle stesse autorità cinesi. L’agenzia Storyful ha scoperto che i social media della Repubblica Popolare hanno condiviso foto false in merito allo stato di costruzione dei nuovi ospedali, rubando quelle di compagnie che vendono in realtà costruzioni provvisorie.

A complicare la posizione del governo ci sono le dichiarazioni del sindaco di Whuan, Zhou Xianwang, che a una tv cinese ha ammesso che le informazioni sul 2019-nCoV sono state volontariamente trasmesse in ritardo, perché i piani più alti dell’amministrazione non gli hanno concesso l’autorizzazione a renderle pubbliche. Le epidemie, infatti, almeno in Cina, rientrano nel campo del segreto di stato, e le informazioni devono essere validate dai vertici prima di essere comunicate.

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