Il governo canadese vuole approfittare dei divieti di assembramento per espandere un oleodotto

Il progetto di ampliamento dell’oleodotto, che era già costato parecchie critiche al primo ministro Justin Trudeau, è tornato a far discutere dopo le dichiarazioni del ministro dell’energia di Alberta

I divieti di assembramento introdotti a causa dell’emergenza Coronavirus rappresentano una grande opportunità per costruire un oleodotto, perché impediscono le proteste pubbliche degli attivisti. A sostenerlo è un alto funzionario canadese, il ministro dell’energia di Alberta, Sonya Savage, secondo la quale c’è bisogno di nuovi posti di lavoro, non di «proteste ideologiche».


Il riferimento è all’oleodotto Trans Mountain, la cui costruzione è iniziata a dicembre e a cui si oppongono tanto gli indigeni quanto i gruppi ambientalisti. Il progetto, che dovrebbe espandere il gasdotto attuale triplicandone la capacità da 300mila a 890mila barili al giorno, è diventato centrale nel dibattito politico al punto da mettere in difficoltà anche il primo ministro Justin Trudeau, che si è esposto in prima persona definendolo un’opera di interesse economico nazionale. 


«Ora è un ottimo momento per costruire un oleodotto, perché non ci possono essere proteste con più di 15 persone», ha detto Savage intervenendo in un podcast della Canadian Association of Oilwell Drilling Contractor (CAODC). Nonostante Savage, che appartiene al United Conservative Party (UCP), abbia dichiarato attraverso il suo portavoce che il partito rispetta «il diritto a proteste legali», le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere.

Irfan Sabir, del New Democratic Party, ha commentato ai microfoni della CBC dicendo: «L’UCP ha già usato la pandemia come scusa per sospendere il monitoraggio ambientale. Se a ciò sommiamo gli ultimi commenti del ministro, per la reputazione del settore industriale di Alberta si tratta di un grave danno che rischia di inibire la nostra capacità di attrarre investimenti e portare i nostri prodotti sul mercato».

Le proteste dei gruppi ambientalisti e degli indigeni si concentrano in particolare sul pericolo di fuoriuscite di petrolio, sui rischi legati ai cambiamenti climatici e sulla minaccia che rappresenta per la popolazione di orche al largo della costa. Al contrario i sostenitori del progetto vedono nell’opera una necessaria spinta per il settore energetico canadese, e di conseguenza per l’intera economia nazionale. 

Il via libera all’ampliamento dell’oleodotto da parte del governo liberale di Trudeau gli era già costato parecchie critiche, anche perché era arrivato a sole 24 ore di distanza dalla dichiarazione di “emergenza climatica nazionale”. Una mossa schizofrenica che Patrick McCully, dirigente del Rainforest Action Network, aveva etichettato come “ipocrita” – «è come dichiarare la guerra al cancro e immediatamente dopo fare pubblicità alle sigarette».

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