Coronavirus, tre focolai in Irpinia. La vicesindaca di Avellino: «Situazione sotto controllo»

Fonti vicine alle autorità sanitarie dicono a Open che si tratta di cluster causati da rientri dall’estero

Nel giro di poche ore, un territorio che sembrava aver superato l’emergenza Coronavirus torna a vivere la paura del contagio: si sta cercando di capire se esiste un collegamento tra i 13 casi di positività scoperti nella provincia di Avellino, in Campania.


L’allarme è scattato quando un uomo di 69 anni, residente a Santa Lucia di Serino, è arrivato all’ospedale San Giuseppe Moscati del capoluogo, già positivo al Sars-CoV-2. Era stato sottoposto a tampone già nel suo domicilio, ma è stato trasferito d’urgenza nella struttura ospedaliera a causa della febbre alta e di una grave insufficienza respiratoria. Adesso è intubato.


Quando famigliari e conoscenti dell’uomo sono stati sottoposti a tampone, si è scoperto che nel comune di Santa Lucia di Serino era attivo un vero e proprio focolaio: sette di loro sono risultati positivi al tampone.

13 casi di positività

Al nosocomio Irpino, più tardi, si è presentato un uomo di 71 anni per patologie non attinenti alla Covid-19. Sottoposto a tampone, però, si è scoperto che anche lui, seppur asintomatico, aveva contratto il virus. Il paziente, ricoverato sempre al Moscati nel reparto di malattie infettive, proviene dal comune limitrofo a Santa Lucia, San Michele di Serino.

Sempre in provincia di Avellino, a Rotondi, sono stati scoperti due casi di contagio. I risultati dei tamponi, eseguiti il 5 luglio, sono arrivati ieri, lunedì 6. I due positivi, appartenenti allo stesso nucleo famigliare, si trovano in isolamento domiciliare e il loro quadro clinico non desta preoccupazione. Le autorità sanitarie stanno lavorando per ricostruire la filiera dei contatti e sottoporli a quarantena fiduciaria.

Ai nove casi del Serinese e ai due di Rotondi, si aggiunge una donna di 32 di Moschiano, andata in ospedale a Nola per il parto e trovata positiva al Coronavirus: è asintomatica ed è stata trasferita al Policlinico Federico II di Napoli nel Covid Center. Le condizioni di salute della donna sono buone, così come quelle del neonato: il parto è avvenuto senza alcuna complicazione.

Dagli esiti dei tamponi fatti a Moschiano lo scorso weekend, oggi, 7 luglio, è stato registrato un nuovo caso di positività: fa parte dello stesso nucleo famigliare della donna ricoverata al Federico II ed era già in isolamento fiduciario. Entrambi i pazienti sono arrivati a Moschiano da un viaggio in Romania. Una fonte vicina alle autorità sanitarie della provincia dice a Open che tutti i cluster della zona di Avellino sono causati da viaggi di rientro dall’estero.

La vicesindaca di Avellino: «Siamo sereni»

«La preoccupazione nella popolazione è nata quando alcuni giornali hanno accostato i cluster della provincia al caso di Mondragone, nel Casertano», afferma la vicesindaca di Avellino Laura Nargi. «Nel capoluogo non si sono verificati casi di positività». Il Comune capoluogo non è stato investito dall’emergenza e Nargi ritiene eccessivo l’allarmismo mediatico: «Siamo sereni, la situazione al momento è sotto controllo».

La Asl di Avellino: «Stiamo facendo tamponi a tappeto»

«La situazione non è ancora emergenziale». Dalla Asl di Avellino trapela una certa tranquillità: «Per il momento, nel cluster serinese risultano 9 le persone infette, in quello di Rotondi restano 2 e oggi si è aggiunta la seconda persona a Moschiano. Non dovrebbero esserci collegamenti tra i tre cluster – dicono dall’azienda sanitaria del capoluogo -. Stiamo aspettando gli esiti dei tamponi, allargati anche ai contatti meno stretti».

Il caso dell’ospedale Moscati

Il Mattino ha sollevato una polemica sull’ospedale Moscati, dove al momento si trovano ricoverate due persone positive del cluster serinese. «Direzione strategica del tutto impreparata», scrive il quotidiano. Dopo il passaggio in pronto soccorso dei due casi positivi, che hanno sostato per ore nelle sale mediche, gli ambienti non sarebbero stati sanificati. E uno di loro avrebbe passato l’intera notte in un’ala dell’edificio non idonea per i pazienti Covid.

Indagine interna

Fonti della struttura dicono a Open che è stata avviata un’indagine interna. Nel protocollo siglato tra il ministero e le parti sociali, si legge: «C’è l’esigenza di procedere, laddove si verifichi un caso di positività al Covid-19 di un dipendente o di eventuale cittadino che ha avuto recente accesso agli spazi, alla chiusura della stessa per almeno 24 ore ai fini dello svolgimento delle operazioni di pulizia e sanificazione dei locali interessati».

«Operatori del reparto di emergenza in subbuglio»

Secondo il Mattino, nulla di tutto questo sarebbe stato fatto e gli operatori del pronto soccorso sarebbero in stato di agitazione. L’ufficio stampa nella struttura preferisce non rilasciare dichiarazioni sulla questione, ma chiarisce a Open: «I due pazienti si trovano in condizioni di assoluta sicurezza: il 69enne si trova in terapia intensiva nel Covid hospital, allestito nella palazzina attigua alla città ospedaliera. Il 71enne, invece, sta bene e non ha bisogno di essere intubato: essendo asintomatico, è stato sistemato in malattie infettive, in una camera di isolamento a pressione negativa».

Riaperta la palazzina Covid

«L’attività ospedaliera continua normalmente», dicono dall’ospedale, «abbiamo anche ripreso l’attività ambulatoriale. La palazzina riservata ai Covid, che era stata temporaneamente chiusa il 29 maggio, dopo il trasferimento dell’ultimo positivo in malattie infettive, è stata riaperta per un solo caso – quello del 69enne di Santa Lucia di Serino – in tempi brevissimi».

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