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Il coraggio di non essere capite, quello che le ventenni (e non solo) possono imparare da Franca Valeri, che oggi di anni ne compie 100

31 Luglio 2020 - 09:01 Giada Giorgi
Senza mezzi termini, la lezione di Franca Valeri che ha affrontato un secolo in cui dimostrarsi perspicaci ed eleganti non rientrava nello stereotipo standard

Dicono che a vent’anni si sia piene di sogni. Dicono anche che a vent’anni si avverta puntualmente l’inquietudine di non sapere chi si è per davvero. Può succedere poi, che sempre a vent’anni, si inciampi nel solito scalino all’entrata del locale preferito, che proprio non si vede mai. E tac, ci si ritrovi raccontata da un passante, ancora digiuno della sua razione quotidiana di stereotipi. Sempre troppo poco o sempre troppo. Fuori dal mondo o eccessivamente dentro, da rimanerne stordite. Nei casi più straordinari però, succede anche che ci si chiami Franca Valeri e che si arrivi a cent’anni, proprio oggi, con la sfacciataggine di chi il racconto delle proprie cadute, e del mondo femminile a cui appartiene, lo riserva solo a sé stessa. Senza mezzi termini, con il coraggio di chi corre il rischio di non essere capita, in un secolo in cui dimostrarsi perspicaci ed eleganti non rientrava nello stereotipo standard.

Sì perché la donna minuta dai tacchi bassi e stile innato, ha dimostrato che gli stereotipi possono essere anche stra-ordinari. Una contraddizione in termini che, fin da inizio carriera, ha sempre sostenuto con orgoglio discreto. Le donne reali che ha esaltato con sincerità nei loro aspetti più complicati, hanno parlato per lei, scardinando le idee maschili e spesso anche quelle femminili. La Signorina Snob, l’ignorante ma furba Cesira la manicure, la signora Cecioni, popolana e popolare maschera eterna. Lo sguardo perennemente all’insù, dell’ammiccamento non ne vuol sapere. Le parole scandite una per una vanno avanti nel monologo con un ritmo perfetto, da far sembrare quasi che canti.

Strumenti ideali per la pungente parodia della solidarietà borghese. Per quella minuscola caramella alla menta nella borsa della signora per bene, rigorosamente divisa a metà con la povera orfanella da compatire. Verità amare, che rendono però giustizia a un mondo femminile che vuol essere come è. Una forma di femminismo consapevole che irrompe in un’ Italia ferita del secondo dopoguerra, bisognosa di rintanarsi ancora nell’idea femminile degli anni ’50, in quella maggiorata e florida Loren, porto sicuro per le ferite profonde del Paese.

A volte single sognatrice puntualmente disillusa, a volte lavoratrice precisa e instancabile. La moglie del «cretinetti», la vedette con le piume, hanno fatto sorridere e, a tradimento, insegnato. Succede dunque che a vent’anni, ma anche a più, si ha il privilegio di guardare ancora quel caschetto alla Vergottini, portato quasi per un secolo, e imparare a rischiare di non essere capite. Si può decidere di raccontarsi senza paura di cadere dallo scalino, giocando a diventare la maschera di difetti che più si adatta al proprio viso. Per riderne, per esorcizzare, per diventarne un’altra, e un’altra ancora, fino ai cent’anni. Unica arma permessa, l’imbattibile intelligenza dell’autoironia.

Archivio Cioni Spinelli /LaPresse / Lapresse Anni ’70 Retrospettiva Franca Valeri

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