Il campus della Bocconi è blindato: ora i positivi sono 9. Gli studenti milanesi tra paura e speranza – Foto e video

di Felice Florio

Comunicano da una finestra all’altra, coperti dalla grata della nuova residenza Castiglioni, inaugurata due anni fa: sono circa 180 i ragazzi sottoposti a quarantena dopo che è scoppiato il primo cluster italiano in uno studentato. Ma anche gli studenti degli altri atenei milanesi non hanno vita facile

Nel corso di una sola giornata, i contagi sono schizzati da due a nove. Lo confermano fonti dell’Ats di Milano, l’autorità sanitaria che sta gestendo la situazione sanitaria del campus Castiglioni dell’Università Bocconi: si sono susseguite lunghe riunioni, nel pomeriggio del 7 ottobre, per gestire il primo focolaio registrato in una residenza universitaria da quando gli atenei hanno riaperto. Dirigenti sanitari e responsabili accademici sono al lavoro per evitare che, dal campus Castiglioni, il Coronavirus si diffonda ulteriormente e arrivi a coinvolgere il corpo docenti e il resto della popolazione studentesca. Al momento, i tamponi eseguiti sarebbero 37.


Un ragazzo, di passaggio, si rivolge all’uomo della security che non lascia avvicinare nessuno all’unico punto di accesso alla struttura. «Com’è la situazione dentro?», gli chiede. «È una questione delicata, non siamo autorizzati a dire nulla». Il ragazzo si chiama Giovanni ed è uno studente della Bocconi. Nella residenza Castiglioni vive la sua fidanzata, «ma per fortuna, in questo momento, è a casa dalla sua famiglia. Era tornata nel suo paese per il weekend e, adesso, sta facendo la quarantena lì». E anche se non si trova dentro la residenza, Giovanni tiene lo sguardo fisso sull’edificio: «Mi ha detto che non fanno entrare nelle camere vuote nemmeno il portiere per prendere i libri. Volevo trovare un modo per spedirglieli, ma nessuno ha accesso al suo appartamento».


Centottanta studenti in quarantena

Come lei, altri 120 studenti sono rimasti fuori dalla residenza e non sanno quando potranno farci ritorno. «È una prassi: buona parte dei ragazzi fa visita alla propria famiglia nel weekend», raccontano dall’ufficio stampa dell’università, «in totale, questa nuova residenza ha 300 posti letto a disposizione». Adesso, sono circa 180 i ragazzi che si trovano al suo interno e ai quali l’Ats ha imposto la quarantena obbligatoria. Il cluster, tuttavia, ha avuto ripercussioni anche sugli studenti che non abitano in via Castiglioni: «Alcuni professori, dopo aver saputo della notizia, hanno deciso di interrompere le lezioni in presenza – conclude Giovanni -, tanto, tra meno di due settimane, ci saranno gli esami parziali e i corsi dovranno comunque essere sospesi».

I controlli rigidi

Intanto, si avvicendano al cancello tre tipi di persone. Il personale della Bocconi, che comunica con le ricetrasmittenti e riferisce in portineria le indicazioni che arrivano dal rettorato e dall’Ats. Amici e fidanzati di ragazzi rimasti all’interno, che vengono a riprendersi il caricatore dell’iPhone o il monopattino elettrico. I rider, che trasportano cibo e bevande, regalo dei genitori o richieste degli stessi studenti isolati. Qualsiasi passaggio di oggetti avviene con il cancello tenuto socchiuso dalla security e attraverso le mani del portinaio: «Mi sa che servirà un carrello», esclama trasportando due casse d’acqua, mentre un dipendente dell’università ripete al telefono: «Nessun esterno può entrare. Chi si trova qui dal 28 settembre in poi dovrà fare la quarantena senza lasciare l’edificio. Chi è fuori, dovrà indicare il domicilio per l’isolamento all’Ats».

Felice Florio/OPEN | Il passaggio di cibo e bevande attraverso il cancello sorvegliato della residenza Castiglioni, il 7 ottobre

I discorsi da una finestra all’altra

A parte le comunicazioni del personale, c’è un silenzio inusuale per un campus universitario. A un certo punto, però, la voce di un ragazzo rompe la quiete. «Se ci comportiamo bene, il 19 ottobre siamo fuori di qui»: è un giovane affacciatosi alla finestra del primo piano a parlare. E dà avvio a un chiacchiericcio che si ripercuote lungo la grata che avvolge la residenza Castiglioni. «Liberateci», grida un altro, goliardico. Poi, due amici iniziano una conversazione dalle finestre dei rispettivi appartamenti: «Il “paziente zero” non sapeva di aver contratto il virus ed è rientrato in residenza – ripercorre la genesi dell’isolamento -. Ha contagiato la fidanzata, un suo amico e la ragazza del suo amico». Gli inquilini del campus già sanno che i casi, a differenza di quanto comunicato dall’università, sono più di due.

Il caos nel gruppo Whatsapp

«Ad oggi, solo una decina, i contatti più stretti, sono stati sottoposti a tampone», rilancia il suo interlocutore. Si avverte dello sconforto perché i test non sono stati estesi alla maggior parte degli studenti, «benché già da giovedì girasse la voce che c’erano dei positivi nella residenza». Gli inquilini della Castiglioni hanno un gruppo Whatsapp nel quale si è iniziato a diffondere il panico. «Venerdì c’è arrivata la comunicazione ufficiale da parte dell’università». Nel testo della mail, dicono, l’isolamento era solo consigliato, «e comunque nessuno di noi ha ricevuto una comunicazione dall’autorità sanitaria competente, l’Ats», lamenta uno studente di Giurisprudenza. Tant’è che solo da martedì 7 ottobre, verso l’ora di pranzo, è scattato un vero lockdown sulla struttura.

Felice Florio/OPEN | Lo spazio antistante al velodromo dell’Università Bocconi, il 7 ottobre

Tamponi per tutti, ma solo alla fine della quarantena

Dall’Ats, intanto, arriva l’informazione che i tamponi saranno eseguiti su tutti gli inquilini ma solo alla fine del periodo della quarantena. I ragazzi non lo sanno e si domandano se, una volta accertata, «speriamo nei prossimi giorni», la negatività al Sars-Cov-2 potranno uscire o dovranno terminare il periodo di isolamento che terminerebbe il 19 ottobre. «L’unica cosa positiva di questa storia è che siamo blindati qui dentro e non possiamo far altro che studiare per gli appelli della penultima settimana di ottobre», dice uno di loro, senza convincere il suo vicino di stanza: «Sembra di essere in carcere». Nessuno di loro sa come funzionerà il servizio di spesa, di lavanderia e di pulizia delle camere: «Servirà l’esercito più che il personale, siamo quasi 200 qui dentro».

«L’incertezza crea panico»

Poi, sempre lo studente di Giurisprudenza, chiosa: «Senza la notifica di un provvedimento ufficiale delle autorità, io potrei scendere, spingere il tasto rosso del cancello e andare via di qui. Se non lo facciamo, è solo per buon senso. Ma non si gestisce in maniera così grossolana la privazione della libertà di 180 persone». Non basta, a suo dire, la comunicazione arrivata da parte dell’università: si aspettava una comunicazione personale da parte dell’Ats, non una mail collettiva mandata dall’ateneo. «L’incertezza crea panico», conclude, raccontando che le matricole, all’interno della residenza, sono in evidente stato di agitazione.

La vita universitaria prosegue normalmente

A un centinaio di metri dalla residenza Castiglioni, la vita dei “bocconiani” sembra trascorrere normalmente. Non sembrano preoccupati dalla situazione, piuttosto gli studenti che si aggirano tra il velodromo e “i leoni” pensano tutti all’imminente sessione di esami: «L’università fa rispettare tutte le norme, esegue il tracciamento di chiunque partecipi alle lezioni in aula e garantisce un numero massimo di studenti per classe pari al 50% della capienza normale», afferma una studentessa seduta sui gradini della rettoria San Ferdinando. Gli uomini della security, intanto, si aggirano tra i gruppetti di ragazzi radunati all’esterno e sollecitano l’uso corretto della mascherina. La socialità, in generale, non pare risentire della situazione epidemiologica: i tavoli da ping pong nell’atrio della Bocconi sono tutti occupati e c’è fila per sedersi ai tavolini del bar del campus.

La gioia degli studenti della Statale

«Potremmo contagiarci qui, come nel tram o andando a fare la spesa. Quel che è certo è che i protocolli sono rispettati e, a parte qualche episodio isolato, gli studenti osservano il distanziamento fisico», sostiene uno studente. Lo stesso clima di felicità per la ripartenza, dopo il blocco improvviso della vita universitaria della scorsa primavera, si respira all’Università Statale di Milano. I bar in via Festa del Perdono sono pieni: «Non vedevamo l’ora di tornare a vivere l’ateneo», dice Lorenzo, al quinto anno di giurisprudenza. Nel suo gruppo di amici, però, Simone gli fa notare che, «nonostante l’ottima organizzazione della riapertura, gli spazi per studiare dopo le lezioni sono pochi: questo disincentiva i pendolari a frequentare le lezioni, visto che non potrebbero fermarsi a studiare in università».

«L’efficienza della Bicocca»

Nella biblioteca principale della Statale, i posti a disposizioni degli studenti, in questa fase, sono solo 75. Alessandro, all’ultimo anno di Economia all’Università Milano-Bicocca, è soddisfatto di come il suo ateneo abbia gestito la ripartenza: «I controlli della temperatura all’ingresso sono fatti costantemente. Poi l’app per prenotare i posti in biblioteca funziona benissimo e generalmente si trova sempre posto». La comunicazione, anche se digitale, con docenti e segreterie è molto agevole. «Devo dire che le lezioni online hanno dei pregi notevoli: credo che la frequenza sia aumentata perché si possono seguire in qualsiasi momento – e conclude -. In generale, la convivenza con il Covid non sta limitando le opportunità di apprendimento».

«Poche informazioni dalla Cattolica»

Tiziana, studentessa di Economia all’Università Cattolica, ha un parere diverso: «I colleghi di altre università hanno potuto fare persino dei corsi online per il rientro in sicurezza. Da noi, in generale, sono state date poche indicazioni». Tiziana avrebbe voluto essere informata con più frequenza e con maggiore precisione sulle misure che l’ateneo stava adottando per consentire il prosieguo della didattica e il ritorno in aula. E non la convince il passaggio da esami scritti a esami online, soprattutto perché i calcoli matematici, durante le prove, si svolgono su piattaforme a suo dire non idonee: «È un problema condiviso anche da altri compagni di corso». Le storie degli universitari milanesi, nonostante le condizioni eccezionali imposte dalla pandemia, sembrano ricalcare i disagi e le gioie delle passate generazioni di studenti. Oggi, i ragazzi sembrano consapevoli del rischio derivante dal contagio ma, nei loro discorsi, non si capta preoccupazione o paura. Speranza, piuttosto: «La speranza – dicono gli studenti in via Festa del Perdono – è che il focolaio del campus bocconiano si spenga presto e che resti un caso isolato».

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