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Condannati gli imputati del caso Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako espulsa dall’Italia nel 2013

14 Ottobre 2020 - 20:09 Redazione
Il caso risale al 2013, la donna, moglie di un dissidente kazako, era stata prelevata dalla polizia insieme alla figlia dalla sua casa a Roma e consegnata alle autorità di Astana

Tutti condannati. Cinque anni di reclusione all’ex capo della squadra mobile di Roma Renato Cortese, e sempre cinque anni a Maurizio Improta, ex responsabile dell’ufficio immigrazione. Il tribunale di Perugia ha deciso così per gli imputati del processo sull’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov. I fatti risalgono al maggio 2013, quando la donna e la figlie vennero prelavate dalla loro abitazione di Casal Palocco, quartiere di Roma, per essere poi riportate in Kazakistan con un volo privato messo a disposizione proprio dalle autorità locali. L’accusa era quella di possedere un passaporto falso. Entrambe riuscirono poi a lasciare il Kazakistan per tornare in Italia alla fine dello stesso anno.

Cortese, attualmente questore di Palermo, e Improta, ora a capo della Polfer, non sono gli unici ad essere stati condannati, per altro con pene più alte da quelle chieste dal pm. Il magistrato Giuseppe Narducci ha condannato a due anni e mezzo di reclusione anche alla giudice di pace Stafnia Lavore e a cinque anni i funzionari della squadra mobile di Roma Luca Armeni e Francesco Stampacchia. Altre condanne sono arrivate anche ai funzionari dell’Ufficio immigrazione. Per molti delle persone coinvolti è stata disposta anche l’interdizione dai pubblici uffici. Ai tempi il caso Shalabayeva era costato anche una mozione di sfiducia per il ministro Angelino Alfano.

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