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Rt, cos’è e come si calcola l’indice di contagio del Coronavirus

03 Dicembre 2020 - 20:51 Fabio Giuffrida
Lo sentiamo nominare tutti i giorni. Di cosa si tratta? È davvero così importante e possiamo fidarci? Che tipo di informazione ci dà?

In questi mesi abbiamo sentito parlare di Rt (che si legge erre con T) e di R0 (che si legge erre con 0). Di cosa si tratta? Come vengono calcolati questi indici? Perché sono così importanti ai tempi del Coronavirus e soprattutto possiamo fidarci? Proviamo a fare chiarezza.

Cos’è l’indice di contagio Rt?

L’Rt ci dice quante persone possono essere contagiate da una sola persona in media e in un certo periodo di tempo in relazione, però, all’efficacia delle misure restrittive – come il lockdown o, più recentemente, le zone rosse, arancioni e gialle – volute dal governo per frenare l’avanzata del virus. Non è altro che un tasso di contagiosità che ci spiega, in alte parole, quanto è contagioso il virus dopo l’applicazione delle restrizioni.

Come funziona?

In concreto, se l’indice Rt è 2 vuol dire che ogni infetto, in un determinato periodo, può contagiare due persone e queste due persone ne possono contagiare altre due a testa nel periodo successivo. Per questo motivo è bene che l’indice Rt resti sotto quota 1. Se superiore, scattano nuovi divieti: significa, infatti, che ogni persona ne ha contagiata un’altra.

Come viene calcolato?

L’Rt, pur essendo molto affidabile, non può essere l’unico parametro da prendere in considerazione per assumere decisioni importanti, che impattano sulla vita di tutti. Il motivo? L’Rt viene calcolato solo sui sintomatici, ovvero sui pazienti che, trasferiti in ospedale o rimasti a casa, hanno avuto sintomi riconducibili al Covid. Non vengono presi in considerazione gli asintomatici che, come sappiamo, costituiscono una grande fetta dei positivi. La scelta di non considerare gli asintomatici è saggia perché in questo modo l’indice Rt viene calcolato con criteri stabili nel tempo: la popolazione degli asintomatici, invece, non può essere stimata con certezza.

Il ruolo dei soggetti asintomatici

L’individuazione di soggetti asintomatici dipende molto dalla capacità di effettuare screening da pare dei dipartimenti di prevenzione e, dunque, cambia nel tempo. Se ci sono meno positivi e se, dunque, c’è meno pressione sul sistema sanitario, lo screening funziona meglio, viceversa si rischia di perderne il controllo. Questo significa che un aumento o una diminuzione dei casi asintomatici non dipende tanto dalla trasmissibilità del virus nel nostro Paese ma dal numero di analisi che sono state effettuate. Va sottolineato, inoltre, che l’indice Rt, in alcune occasioni, ha creato allarmismo. Nel corso di questi mesi, abbiamo visto come un minimo rialzo di contagi sia stato in grado di causare un’impennata del valore dell’Rt proprio nelle regioni con un basso numero di casi (e, dunque, non in particolare sofferenza). Diversamente, nelle zone con un aumento importante di contagi, però stabile nel tempo, si è osservato come l’Rt sia rimasto sostanzialmente invariato.

Cos’è l’R0 e qual è la differenza con l’indice di contagio Rt?

L’R0, diversamente da Rt, ci spiega quante persone può contagiare, in media, un soggetto positivo a inizio epidemia, cioè al tempo 0, in una popolazione suscettibile e soprattutto in assenza di interventi di contenimento del virus. Dato che non tiene conto dell’evoluzione del virus. In termini più tecnici, si tratta della potenziale trasmissibilità della malattia infettiva non controllata nella sua fase iniziale. Concretamente, se R0 è pari a 1 significa che un malato può infettare una persona, se è a due ne può contagiare due e così via. Per calcolare questo indice è importante avere un valore a inizio epidemia da usare come riferimento.

Se R0 viene calcolato solo nel periodo iniziale dell’epidemia, Rt viene calcolato nel tempo così da consentirci di monitorare l’efficacia degli interventi di contenimento nel corso dei mesi (o degli anni). R0 e Rt, dunque, possono essere calcolati su base statistica a partire da una curva di incidenza di casi giornalieri (quindi il numero di nuovi casi, giorno per giorno). In altre parole, Rt e R0 misurano lo stesso numero: a variare è il tempo in cui viene fatta la misura, quindi all’inizio per R0 e durante l’epidemia per Rt (che viene continuamente rivisto e da cui dipendono le decisioni del governo).

Perché i casi aumentano e l’Rt no?

Semplicemente perché sono calcolati con dati diversi. Il conteggio dei casi – come spiega l’Iss – si riferisce al numero complessivo di persone infettate ogni giorno sul territorio italiano (dunque per data di diagnosi) mentre l’Rt viene calcolato sui casi con sintomi non importati e riferito ai tempi in cui questi sintomi si sono sviluppati (quindi per data di inizio sintomi). Questo significa che il calcolo dell’Rt è relativo solo a una parte della curva e, più precisamente, a un periodo temporale che risulta essere sfalsato di circa una settimana.

Foto in copertina: ANSA/CESARE ABBATE

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