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Professione streamer (su Twitch), Dario Moccia e l’alchimia della live perfetta: «Non tutti funzionano» – L’intervista

10 Febbraio 2021 - 19:31 Valerio Berra
Con oltre 192mila follower sulla piattaforma e un palinsesto che va dal gaming ai film visti insieme ai suoi iscritti, Dario Moccia è uno dei professionisti italiani più influenti di tutta la piattaforma

Twitch non è più solo roba da gamer. E non lo è più ormai da mesi. Il caso del Cerbero Podcast, tra chiusure, ban e polemiche, è solo uno dei tanti esempi di canali che non si occupano più solo di videogiochi. Twitch si sta aprendo anche ai podcast, alle live in cui vengono seguiti eventi politici o scientifici (come i lanci di SpaceX) e anche alla musica. Produttori come Hell Raton trasmettono in live le loro sessioni alla consolle e giovani cantanti utilizzano Twitch per raccontare ai loro fan passo dopo passo tutto il lavoro necessario alla produzione di un album.

Fra chi negli ultimi mesi è riuscito a interpretare meglio questa piattaforma c’è Dario Moccia. Sul suo canale oltre 192 mila follower, Dario va dai videogiochi ai film visti insieme agli iscritti, passando per interviste a collezionisti di carte Pokémon e autori di fumetti. Un lavoro a tempo pieno ormai, e anche ben pagato. La sua programmazione è la stessa di un canale tv: Dario trasmette ogni sera, dalle 21 in poi. Tranne il sabato.

Rapper, produttori, vecchie glorie del calcio. Su Twitch negli ultimi mesi sono arrivate persone lontane dall’ambiente del gaming, quello in cui è nata. Cosa sta succedendo a questa piattaforma?

«Anche Pierluigi Pardo è arrivato su Twitch. Alcuni funzionano, altri no. Non è detto che se funzioni bene su Twitter o Instagram allora funzioni bene anche su Twitch. È una piattaforma molto volatile. Le persone si stufano in fretta di quello che fai. Alcuni invece funzionano benissimo. Le live di Fedez ad esempio sono molto rilassanti e raccontano retroscena del mondo della tv».

Quali sono i temi che attraggono più pubblico?

«Per quanto riguarda i gamer, di solito quello che funziona è portare i titoli del momento. Gli streamer particolarmente bravi riescono a ritagliarsi un pubblico portando solo una tipologia di gioco, come fa Zano con Fifa o Pow3r con gli Fps competitivi. Ci sono streamer che vengono seguiti indipendentemente da quello che fanno. Lì al pubblico non interessa tanto il tema che affrontano ma il modo in cui lo fanno».

Rispetto ad altre piattaforme, su Twitch l’interazione è fondamentale. Non è un caso che sia esploso nei mesi del lockdown, quando c’era più bisogno di interazioni sociali.

«Un segreto di Twitch è la chat. Gli streamer che leggono i commenti degli utenti riescono a fare davvero compagnia. Io un giorno a settimana mi dedico solo alla chat. Non faccio nulla, guardo i video che mi segnalano e chiacchiero con loro. C’è poi anche un altro pubblico, che invece tiene le live in sottofondo. Quasi come fosse una radio».

Ti ricordi la tua prima live su Twitch?

«Ho iniziato a fare la prima live totalmente a caso. Non mi sarei immaginato di mettere in piedi tutto questo. Piano piano ho perseverato. Ho creato un palinsesto giornaliero e ho comprato sempre più attrezzatura».

E te ne ricordi una in cui ti sei accorto che ormai avevi una base di follower pronta a seguirti ogni giorno?

«Sì, è stata quella di beneficenza. L’abbiamo organizzata durante il primo lockdown per raccogliere dei fondi da destinare agli ospedali di Bergamo e Brescia. In una maratona di 24 ore abbiamo raccolto 30 mila euro».

Tra gli streamer più seguiti in questi mesi ci sono anche molti esponenti della prima ondata di YouTube in Italia. È un caso?

«No, non credo. Chi arriva da YouTube ha più esperienza nel campo dell’intrattenimento. Non basta però avere un pubblico consolidato. Io all’inizio facevo circa 300 spettatori a live. Poi c’è stato il boom. Ho inziato a essere più regolare, ad avere una cadenza giornaliera. Ho guardato altri format e li ho distribuiti nella settimana. Un giorno guardo un film insieme alla chat, un giorno chiacchiero con loro, un giorno intervisto un autore di libri o fumetti».

Quali sono i modi per monetizzare su Twitch?

«Come altri siti, anche questa piattaforma si basa sulle pubblicità. Poi ci sono gli abbonamenti, con cui è possibile saltare le pubblicità e avere dei bonus che cambiano di canale in canale. Infine ci sono le donazioni. Si tratta di somme, generalmente piccole, che vengono date allo streamer direttamente durante la live».

Che bonus ottiene chi si iscrive al tuo canale?

«Nel mio caso ci si iscrive al gruppo Telegram. È un gruppo in cui ci sono anche io e dove si conversa di vari argomenti. Tu entri e interagisci con tutti. Chi fa una donazione ha il suo commento in evidenza. C’è molta polemica a riguardo ma tutte le donazioni devono passare da Paypal, che scala le tasse. Su una donazione di un euro a noi arrivano 60 centesimi».

Chi rivela il proprio compenso su Twitch rischia il ban dalla piattaforma. Prendiamola alla larga, si guadagna bene?

«So che sembra un lavoro privilegiato ma c’è dietro davvero sacrificio e fatica. A un certo punto arrivi a pensare solo alle live. Bisogna chiamare gli ospiti, pensare ai format, oganizzare i social. E soprattutto bisogna avere sempre qualcosa da dire. La competizione è tanta».

In una live una volta hai detto «ogni chat rispecchia il suo streamer». Da chi è fatta la tua chat?

«È vero. La mia chat mi rispecchia. È cazzona e allo stesso tempo sa quando è giusto fermarsi. A volte diventano loro stessi il contenuto della live. Sono soprattutto uomini. C’è però una componente femminile che sta crescendo, grazie soprattutto alla presenza nella live della mia ragazza, Agnese».

Lo abbiamo visto nelle ultime settimane con il Cerbero Podcast. E prima ancora con Sdrumox, lo streamer italiano bannato per sempre dalla piattaforma per hate speech. Inizia ad esserci un problema con i ban decisi da Twitch?

«Quello che manca è un’interazione più attenta tra la piattaforma e gli streamer. Hai sempre bisogno di un intermediario per parlare con Twitch America, visto anche che il contratto come streamer lo firmi con loro. Non si può bannare per aver pronunciato una parola. Bisogna capire se quella parola è stata detta con tono razzista o solo come fosse una battuta. Ci vuole un regolamento chiaro. Anche per capire come vengono decise le punizioni nel momento in cui si infrangono le regole».

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