Il calcolo è fatto dopo aver escluso le pensioni di invalidità. L'età media in cui sono iniziate queste pensioni era attorno ai 41 anni
L’osservatorio Inps ha pubblicato un report in cui si contano circa mezzo milione di pensioni attive nel 2021 e risalenti al 1981 o agli anni precedenti. Nel totale sono comprese quelle di vecchiaia, quelle ai superstiti e le pensioni di invalidità previdenziali. Se non si considerano quelle di invalidità, il totale scende a 318.000. Per il settore privato, le pensioni fino al 1980 sono 423.009, e sono 67.245 quelle decorrenti nel 1981. Per il pubblico, invece, le pensioni decorrenti nel 1980 e negli anni precedenti sono 53.274, e sono 17.508 quelle risalenti al 1981.
Per il settore privato, le pensioni in vigore almeno dal 1980 hanno un’età media alla decorrenza del pensionato di 41,84 anni (e sono in media di 587 euro). La bassa età media tiene conto del fatto che sono chiaramente rimasti in vita soprattutto coloro che hanno percepito l’assegno a un’età più giovane. Negli scorsi anni erano infatti in vigore diverse regole per l’accesso alla pensione, con le donne che ci andavano “per vecchiaia” a 55 anni. Una situazione molto diversa da quella attuale, dove l’età media alla decorrenza per le pensioni liquidate nel 2020 nel privato è di 67,02anni.
Anche per il settore pubblico l’età media alla decorrenza per le pensioni che risalgono almeno al 1980 è di 41,2 anni, con l’età media per le 21.104 pensioni di vecchiaia di 44 anni (e un importo medio mensile di 1.525 euro). In quegli anni, per le donne dipendenti pubbliche con figli era possibile andare in pensione con 14 anni, 6 mesi e un giorno di contributi (la cosiddetta “baby pensione”). L’età media alla decorrenza delle pensioni liquidate nel 2020 nel settore pubblico era di 65,8 anni. Risalgono almeno al 1980 ancora nel settore pubblico 16.787 pensioni di inabilità (38,2 anni l’età media alla decorrenza) e 15.383 assegni ai superstiti con 40,8 anni alla decorrenza (e un assegno medio mensile di 1.181 euro).
«Stiamo effettuando delle verifiche su alcune transazioni anomale, ricorrenti di importo irrisorio, effettuate in numero elevato presso lo stesso esercente, lo stesso giorno e che, pertanto, appaiono non qualificabili come “acquisti” di beni o servizi». Inizia così il messaggio che alcuni utenti, iscritti al Cashback di Stato, hanno ricevuto negli ultimi giorni. Messaggi mirati ad alcune persone che, in questi mesi, avrebbero fatto operazioni multiple pur di scalare la classifica del Super Bonus da 1.500 euro. Noi di Opensiamo in grado di mostrarvi questa comunicazione.
Per chi non lo sapesse, infatti, grazie al Cashback, è possibile ottenere il 10% di rimborso su tutte le transazioni effettuate da gennaio al 30 giugno con carte di credito o bancomat (e comunque fino a un massimo di 150 euro di rimborso, ndr) presso tutti gli esercenti. Non valgono gli acquistionline. C’è, però, anche la possibilità, per i primi 100 mila consumatori che hanno effettuato il maggior numero di operazioni nell’arco dei sei mesi, di ricevere un bonus da 1.500 euro. Insomma, uno “stipendio”, una somma che ha fatto gola a molti. Ma per arrivare tra i primi 100 mila c’è chi ha fatto davvero di tutto. Barando, prima di tutto.
La disperazione dei benzinai
Proprio Open ha raccontato dei benzinai disperati con centinaia di micro-transazioni notturne. Alcuni loro clienti, infatti, specialmente di notte, si posizionavano davanti ai distributori di benzina per fare anche 80 operazioni da pochi centesimi, una dopo l’altra, nell’arco di un’ora di tempo. L’obiettivo? Scalare la classifica del Super Bonus Cashback nel più breve tempo possibile “gonfiando” il numero di operazioni eseguite così da rientrare tra i primi 100 mila in tutta Italia (e così da aggiudicarsi i 1.500 euro di premio). Una pratica che è stata più volte denunciata e che è finita nel mirino del ministero dell’Economia. Da qui la decisione di fare la “guerra” ai furbetti, annullando tutte quelle piccole transazioni, magari effettuate a distanza di pochi secondi l’una dall’altra, sempre nello stesso esercente.
Sette giorni di tempo per fare reclamo
«Queste transazioni, se legate a condotte abusive, non darebbero diritto ad alcun tipo di rimborso. Per questo abbiamo provveduto a stornare le operazioni sospette. Puoi visualizzarle con il segno “-” nel dettaglio della tua card del Cashback», si legge ancora nel messaggio inviato ad alcuni utenti “furbetti” sull’app IO. «Se pensi si tratti di un errore e le tue transazioni sono in regola, hai 7 giorni dalla data di invio di questo messaggio per provare che ci stiamo sbagliando», così si conclude l’avviso. Uno degli utenti che lo ha ricevuto, tra l’altro, sostiene di essersi visto decurtare già 200 transazioni. Un provvedimento atteso che premia, invece, chi furbetto non lo è stato: molti, infatti, improvvisamente si sono visti cambiare la propria posizione in classifica. C’è chi sostiene di essere passato improvvisamente da 20.000 a 16.000. Un bel salto, insomma. Segno che i furbetti, forse, non erano poi così pochi.
Che fine farà il Cashback
La veridicità dell’avviso che pubblichiamo ci è stata confermata anche dall’assistenza dell’app IO che, a una nostra precisa domanda, ha risposto: «Si tratta di una comunicazione fatta dall’app IO». Lo screen è «vero». Al momento, invece, nessuna risposta dall’ufficio stampa del ministero dell’Economia a cui Open ha chiesto, già ieri 28 maggio, ulteriori chiarimenti. Il governo Draghi, intanto, dovrà valutare se continuare anche nei prossimi anni con il Cashback di Stato, nato per incentivare l’uso della moneta elettronica e per combattere il nero, o se interrompere qui questo esperimento. Il monitoraggio continua (i primi risultati arriveranno dopo giugno) – ci assicurano fonti autorevoli – e al momento l’iniziativa non sembra essere stata messa in discussione. In altre parole, non c’è la volontà di cancellarla. Infine – come denunciato da Open che ha raccontato la storia di Marco – il Cashback adesso rischia di diventare una ludopatia di governo al pari di altri giochi che creano dipendenza.