Il caso di Doximity, social network americano per medici diventato bacino di disinformazione No vax
Nato come un utile servizio di networking online per medici, è diventato un raccoglitore di disinformazione su vaccini e Covid-19. A denunciare quello che succede su Doximity è la Cnbc. Si tratta di una sorta di Linkedin dei medici, lanciato nel 2010 con l’obiettivo di offrire ai suoi membri notizie mediche accurate, collaborazione su singoli casi e strumenti di telemedicina, che ora sembra essersi trasformato in un covo di complottisti e No vax. L’emittente americana spiega come Doximity riservi l’iscrizione esclusivamente agli operatori sanitari degli Stati Uniti: c’è una verifica dei membri prima che possano iscriversi e a nessuno è permesso di postare con identità anonima. Questo vuol dire che la disinformazione medica arriva direttamente dai sanitari professionisti iscritti. Come riportato dal dottor Paul Malarik, iscritto a Domixity, «non si arriva al livello dei microchip nei vaccini ma quasi. Nei post si riferiscono ai vaccini come strumenti di morte mortali. Altri affermano che gli anticorpi che contraggono il Covid sono più efficaci dei vaccini a RNA messaggero. O ancora che le mascherine non servano a nulla e che i vaccini hanno già ucciso oltre 4.000 adulti».
La piattaforma dei medici ha debuttato in borsa lo scorso giugno raggiungendo una capitalizzazione di mercato di 10 miliardi di dollari. La società stessa ha affermato di avere 1,8 milioni di membri, incluso l′80% dei medici negli Stati Uniti. «Tutto questo è preoccupante», continua il dottor Malarik, psichiatra in pensione che nelle ultime settimane ha prestato il suo servizio nei centri di vaccinazione della California, «stanno lavorando attivamente contro di noi». A confermare quanto raccontato dal Malarik decine di post e screenschot condivisi con la Cnbc da altri medici pro vaccino della piattaforma. «Gli articoli su vaccini o maschere hanno centinaia di commenti, molti dei quali sono errati e spesso basati su teorie della cospirazione» spiegano.
La falla nella moderazione dei contenuti
Doximity non è un social network aperto: per aderire, gli utenti devono essere professionisti sanitari statunitensi. L’azienda verifica i membri tramite l’identificazione con foto di una licenza medica, un badge ospedaliero ed e-mail da istituzioni mediche. In più, a differenza di LinkedIn, Facebook, Twitter e altre piattaforme di social media popolari, Doximity non consente agli utenti di pubblicare storie. L’azienda pubblica articoli dalle principali testate giornalistiche e da pubblicazioni mediche e scientifiche. Sembrerebbe tutto sotto controllo serrato se non fosse per i commenti che gli utenti possono lasciare sotto i post di notizie. Da qui la vera fonte di disinformazione medica che prolifera a quanto pare in maniera incontrollata.
«Rischiano la perdita della licenza medica»
Il rischio per i medici va ben oltre ogni potenziale azione intrapresa da Doximity. La scorsa settimana, la Federation of State Medical Boards, organizzazione senza scopo di lucro che rappresenta le commissioni mediche in tutto il paese, ha rilasciato una dichiarazione in cui dice ai medici che possono arrivare a perdere anche la licenza per attività di disinformazione simile. «Grazie alla loro conoscenza e formazione specializzata, i medici possiedono un alto grado di fiducia pubblica e quindi hanno una potente piattaforma nella società, che lo riconoscano o meno», ha dichiarato l’ FSMB, definendo «drammatico» l’aumento di informazioni false sul web da parte proprio degli operatori sanitari.
Leggi anche:
- Vaccini, Biden contro Facebook: «La disinformazione sui social media sta uccidendo molte persone» – Il video
- AstraZeneca, la frecciata dell’Ema su Twitter: «Regna la disinformazione. Il vaccino resta autorizzato per tutte le fasce d’età»
- La disinformazione no vax del Nobel Montagnier sui vaccini anti Covid e le varianti