Giulia Schiff denunciò il nonnismo, ora è fuori dall’Aeronautica: «Mi hanno rovinato la vita»

Parla l’ex allieva ufficiale all’indomani della conferma dell’espulsione dall’Aeronautica militare

«Mi hanno rovinato la vita. Non voglio commiserazione, merito giustizia». A parlare è Giulia Schiff, ex allieva ufficiale, in un’intervista all’Adnkronos all’indomani della notizia che il Consiglio di Stato ha confermato la sua espulsione dall’Aeronautica militare. Schiff denunciò di essere stata vittima di nonnismo: nello specifico, sarebbe stata colpita con violenza sul fondoschiena – dopo essere stata sollevata da terra – e poi sarebbe stata tenuta ferma per le gambe e le braccia, A quel punto la sua testa sarebbe stata fatta sbattere contro l’ala di un aereo e infine l’ex allieva sarebbe stata buttata in piscina. Questo è quello che, negli ambienti militari, viene definito il “battesimo del volo”.


Tra qualche giorno si aprirà il processo, al Tribunale di Latina, nei confronti di otto sergenti del 70esimo Stormo dell’Aeronautica di Latina. Tramite il suo legale, Massimiliano Strampelli, l’ex allieva ufficiale, ha spiegato la sua posizione: «Motivi di illegittimità nel procedimento di espulsione c’erano ed erano forti. Che l’Aeronautica ammettesse le proprie responsabilità era un’ipotesi improbabile. Il Consiglio di Stato ha affermato che l’inimicizia tra me e il mio comandante di corso non è stata comprovata. La verità è che è stato lui insieme ad un ufficiale di inquadramento ad indottrinarci spiegandoci cosa e come dovevamo fare durante quel rito».


Il legale di Schiff ha ammesso che c’è «rammarico»: «Crediamo che la sentenza non faccia giustizia fino in fondo». «Si tratta della prima udienza dopo che la Corte di Cassazione ha ritenuto non competente il tribunale militare – spiega all’Adnkronos l’avvocato Massimiliano Strampelli – I reati contestati sono violenza privata e lesioni pluriaggravate in concorso». «Noi crediamo che il processo di Latina possa chiarire tutti gli aspetti finora rimasti nell’ombra, ivi compreso che il rito fosse conosciuto da tutti nell’amministrazione e che nessun comandante vi abbia messo fine – ha concluso – Chiederemo la citazione del ministero della Difesa come responsabile civile».

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