Ferrero si dimette dalla presidenza della Sampdoria. Il club: «Stupisce l’arresto per fatti di anni fa»

La procura di Paola ha disposto anche la perquisizione di una cassaforte in una casa a Roma. Ai domiciliari sono finiti anche la figlia dell’imprenditore e suo nipote

È in carcere a San Vittore a Milano il presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero, arrestato questa mattina 6 dicembre dalla Guardia di Finanza per l’inchiesta per bancarotta condotta dalla procura di Paola, nel Cosentino. Oltre a Ferrero, sono agli arresti domiciliari sua figlia e altre cinque persone. La notizia dell’arresto arriva a pochi giorni dall’indiscrezione di Repubblica, che parlava del rischio di un nuovo processo per bancarotta fraudolenta per il patron della Sampdoria, assolto in passato dalle accuse di dichiarazione fraudolenta, riciclaggio e truffa. L’inchiesta della procura di Paola non coinvolge il club, ma riguarda il crac di quattro società nel settore alberghiero, turistico e cinematografico avvenuto qualche anno fa. La procura ha disposo una perquisizione in una casa di proprietà di Ferrero, nella quale ci sarebbe una cassaforte che dovrà essere aperta. L’avvocato dell’imprenditore, Pino Tenga, ha chiesto il trasferimento da Milano a Roma per permettere al suo assistito di essere presente al momento dell’apertura della cassaforte. E ha poi protestato per il modo in cui il presidente blucerchiato è stato arrestato: «Lo stanno trattando peggio di Totò Riina».


La nota della Samp

Poco dopo l’arresto, la Sampdoria ha comunicato in una nota che Ferrero ha deciso di dimettersi dalla presidenza del club: «Per tutelare al meglio gli interessi delle altre attività in cui opera e in particolare isolare anche ogni pretestuosa speculazione» sulla società in merito all’indagine. Proprio su questa vicenda, dal club è stato ribadito che le vicende giudiziarie che stanno coinvolgendo Ferrero: «sono del tutto indipendenti tanto rispetto alla gestione e alla proprietà della Società U.C. Sampdoria quanto rispetto alle attività romane di Ferrero e legate al mondo del cinema, già oggetto di procedura davanti al Tribunale di Roma». Vicende che il club sottolinea fossero già note e datate, al punto da dirsi sorpreso per le misure cautelari decise dal Gip di Paola: «Con grande stupore si è appreso dell’odierna esecuzione di una misura cautelare di custodia in carcere a carico di Massimo Ferrero, richiesta da parte della Procura della Repubblica di Paola per vicende fallimentari relative a fatti di moltissimi anni fa e rispetto alle quali non sono di chiara e immediata percezione le stesse esigenze cautelari».


Il caso Obiang

Al centro del caso, la cessione nel 2015 del centrocampista Pedro Obiang, passato dalla Sampdoria al West Ham per 6,5 milioni di euro. Stando a quanto ricostruito, questi soldi erano stati usati per operazioni estranee a quelle del club, ovvero per ingaggiare un’azienda attiva nel settore cinematografico, la Vici Srl, amministrata da Vanessa Ferrero, figlia del presidente doriano. Il giudice non aveva ravvisato reati, ma al tempo stesso aveva chiesto alla procura di effettuare approfondimenti per «verificare l’esistenza di eventuali vantaggi».

L’accusa di bancarotta fraudolenta

L’accusa di bancarotta fraudolenta – reato contestato anche alla figlia di Ferrero, Vanessa, e al nipote Giorgio, entrambi ai domiciliari – poggia sull’analisi degli accordi di fallimento di altre società del presidente della Samp. Stando agli atti, gli accusati «in concorso tra loro distraevano 1 milione e 350 mila euro dalla società Eleven Finance srl, nella quale sono state fuse per incorporazione la Vici Srl, la Cgcs, la Mediaport Cinema Srl». Gli inquirenti ritengono che somme ingenti di denaro siano finite a Massimo Ferrero, mascherate dietro «conciliazioni lavorative ideologicamente false» e «prive di fondamento». Tra queste somme ci sono per esempio quelle distratte dalla figlia, che secondo il Gip di Paola ammontano a 740mila euro. Soldi sottratti dalle casse della società Ellemme Group srl per «procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e recare pregiudizio ai creditori». Dal gennaio 2011 a dicembre 2012 ci sarebbero stati «ripetuti prelevamenti dai conti correnti bancari nella disponibilità della Ellemme Group srl – scrive ancora il Gip – sia in contante che a mezzo assegni».

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