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Paragone escluso dal consiglio comunale di Milano per 43 o 1.500 voti? «Fatti fuori per volontà politica» – L’intervista

21 Febbraio 2022 - 21:23 Valerio Berra
Ex giornalista, ex candidato del Movimento Cinque Stelle, Paragone si era candidato come sindaco di Milano nelle ultime amministrative. È arrivato terzo, ma per pochi punti percentuali non è entrato nel Consiglio comunale

Per il centro sinistra le amministrative dello scorso ottobre a Milano sono state un tiro a porta vuota. Il sindaco uscente Beppe Sala ha vinto al primo turno con il 57,7 per cento dei voti, il candidato del centro destra Luca Bernardo si è fermato al 31,9 per cento. Al terzo posto, anche se parecchi punti dopo, Gianluigi Paragone. Ex giornalista, ex candidato del Movimento 5 Stelle, Paragone nel luglio del 2020 ha fondato Italexit, partito nato sull’onda della Brexit per portare l’Italia fuori dall’Unione europea. Il suo conteggio dei voti come candidato si ferma al 2,99 per cento, abbastanza per superare gli ex colleghi del M5s ma non per conquistare un seggio in consiglio comunale. Una possibilità che è sfumata per lo 0,01 per cento dei voti, visto che la soglia dello sbarramento per le amministrative era fissata al 3 per cento. Si tratta di poche decine di voti, 43 secondo il Comitato elettorale, che però hanno fatto la differenza tra l’ultimo degli eletti e il primo degli esclusi. Paragone aveva deciso di fare ricorso. Sabato l’esito: dopo un riconteggio la Prefettura di Milano ha stabilito che i voti mancanti non sono poche decine ma oltre 1.500. L’esclusione dell’ex M5s dal Consiglio comunale di Milano è stata certificata. Come spiega a Open, Paragone non andrà avanti presentando altri ricorsi ma ora punterà a portare il suo partito ai prossimi appuntamenti elettorali.

Partiamo dai voti. Perché avete deciso di fare ricorso?

«Partiamo da un fatto: il numero di voti mancanti non è stato deciso o programmato da noi. Esiste una commissione elettorale che ha stilato un verbale. In quel rapporto è scritto chiaramente che ci mancavano 43 voti per raggiungere la soglia del 3 per cento ed entrare in consiglio comunale. Quello che posso dire io è che per tutta la notte ho visto le nostre proiezioni sopra il 3 per cento e poi la mattina ho visto che eravamo al 2,99 per cento».

Andrete avanti con il ricorso?

«No. Il prefetto è entrato a gamba tesa in partita per dire che i voti da contare per il Consiglio comunale devono essere fatti non in base alle preferenze espresse sui candidati sindaco ma su quelle date alle liste. Su questo ci sono orientamenti diversi, espressi in diverse ordinanze».

Con il voto disgiunto si può votare una lista e poi il sindaco di un’altra coalizione. Facendo come dice lei non c’è il rischio di annullare questo meccanismo contando solo i voti del sindaco?

«Il prefetto ha fatto una lettura arbitraria. Perché ha deciso lui? Non doveva essere il Tar a stabilirlo? Ormai è chiaro che c’è una volontà politica, non penso che andremo avanti con i ricorsi».

Lei aveva definito la vostra esclusione dal Consiglio comunale di Milano una «porcata»

«Ripeto. Secondo il verbale della commissione elettorale il numero di voti che ci mancava per entrare era 43. Non è un numero che ho inventato io o qualcuno di Italexit. Ora penseremo alle prossime elezioni: ci sono le amministrative, le regionali e le politiche».

Dopo Milano sta già pensando a una candidatura per la presidenza della Lombardia?

«Come Italexit – No Green pass giocheranno a tutte le prossime elezioni. Giusto oggi abbiamo registrato il passaggio di un senatore dalla Lega a Italexit e non sarà l’unico parlamentare a passare in questi giorni. È passato anche il capogruppo della Lega a Fiumicino. Stiamo crescendo e ora costruiremo tutta l’intelaiatura del partito».

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