L’indagine per istigazione al suicidio nel caso della turista morta «perché il 118 non parla inglese»

Ai carabinieri Douglas non avrebbe detto nulla dei ritardi dei soccorsi. E avrebbe spostato il veicolo prima del loro arrivo

C’è un’indagine per istigazione al suicidio nel caso si Janna Gommelt, 25 anni, morta nel letto del suo furgone a Focene il 20 gennaio scorso. Mentre la Regione Lazio ha smentito che i soccorsi del 118 siano arrivati in ritardo, come aveva raccontato il suo compagno Michael Douglas. Il quale ha accusato anche l’Ares di aver tagliato il colloquio tra lui e l’operatore diffuso ieri pomeriggio per smentire le accuse. Il fascicolo aperto dalla procura di Civitavecchia è contro ignoti. Il Corriere della Sera fa sapere oggi che i carabinieri che indagano hanno ascoltato come testimone Douglas e un medico e gli infermieri inviati a Focene. L’autopsia è invece stata effettuata il 26 gennaio all’istituto di medicina legale del Verano. Senza che fossero riscontrati segni di violenza. Così come nel camper. Dove non c’erano né farmaci né droghe. Di più: ai carabinieri Douglas non avrebbe detto nulla riguardo i presunti ritardi nei soccorsi. In più, risulta che Douglas si sia spostato con il veicolo prima ancora dell’arrivo dell’ambulanza e dell‘automedica inviate sul posto dal 118 su input della centrale operativa del 112. I carabinieri non hanno ancora ricevuto una delega a svolgere altri accertamenti da parte della Procura che il 15 febbraio ha messo la salma di Jenna a disposizione della famiglia. «C’è stato qualche intoppo burocratico per il rimpatrio in Germania – spiega l’avvocato italiano dei Gommelt, Manuele Piccioni -, al comune di Fiumicino hanno sbagliato una lettera del cognome e la trafila si è bloccata per qualche giorno. Ma quello che i parenti di Jenna vogliono davvero è capire cosa sia successo vicino a Roma. Io assisto solo loro, non il suo ragazzo. A me non ha mai detto niente dei ritardi nei soccorsi: voleva solo sapere come riavere le cose della sua ragazza».


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